Questa collaborazione tra Tracyanne Campbell e Danny Coughlan aveva già avuto un primo inizio anni fa, ma non era ufficialmente partita, anche perchè la cantante stessa dei Camera Obscura si era dovuta concentrare sull’album “Desire Lines”, a tutt’oggi l’ultimo della band scozzese. Si ritrovano anni dopo, con la supervisione del sempre ottimo Edwyn Collins, per realizzare un album collaborativo che, a detta dei protagonisti, non sarà affatto l’ultimo.
L’aria è pervasa da quell’emozione palpabile e coinvolgente che caratterizza la nascita e lo sviluppo di un nuovo progetto, portato avanti da due musicisti tutt’altro che alle prime armi, ma non manca nemmeno quel senso di amarezza e dolore che ancora aleggia dopo la scomparsa di Carey Lander, tastierista dei Camera Obscura. Non potrebbe essere altrimenti. Ne nasce così un disco che emana calore ed emozione, prendendo tanto da un aspetto riflessivo, vulnerabile e intimo quanto da una volontà più celebrativa e vitale.
Cosa aspettarsi musicalmente dal disco? Beh, momenti che rimandano alla precedente band di Tracyanne non mancano, arrangiamenti preziosi e perfettamente studiati (occhio al sax in “Deep In The Night”) ma mai sopra le righe che accentuano uno spirito anni ’60, caramelle indie-pop dal sapore mai troppo acceso, Burt Bacharach che benedice il tutto (“It Can’t Be Love Unless It Hurts” a me da la pelle d’oca) e una perfetta concordia vocale tra Tracyanne e Danny, che, più che duettare, sanno intrecciarsi e ritagliarsi, ognuno, lo spazio perfetto (i primi secondi iniziali del disco, con solo la voce di Tracyanne, sono da brivido, ma anche l’incedere alla Richard Hawley di Danny in “Jacqueline” è foriero di lacrimoni).
3 sono forse i brani che vanno a colpire il centro del nostro cuore. “Alabama”, che tocca il tema della perdita del compagno di band e lo fa in modo molto solare, ricordando i momenti condivisi insieme. Il brano si muove agile con un profondo sapore di Americana che pervade l’aria. Anche per “2006” i profumi del folk americano si propagano come incenso, mentre tutto è misurato e delicato. Il terzo sussulto arriva con “Cellophane Girl”, che pare quasi una versione più leggera dei The Heartbreaks (guarda caso anche loro pupilli di Edwyn Collins), con il suo ritmo sostenuto e la sua spensieratezza melodica.
Non ci sorprendono Tracyanne e Danny, non ne avrebbero avuto bisogno, ma fanno le cose con tale e tanta onestà e amorevole concretezza che non possono non coinvolgerci. Uno di quei dischi di cui ti accorgi di avere realmente bisogno nell’attimo stesso in cui ha dato il primo ascolto, perchè stai già ripartendo con l’ascolto senza quasi accorgertene.