Veterani dell’indie-pop che guarda con amore allo shoegaze, i Soft Science tornano in pista, con quello che potrebbe tranquillamente essere definito il loro album migliore. Katie Haley, Ross e Matt Levine, Mason DeMusey e Tony Cale anche questa volta lavorano, egregiamente, sulle distorsioni (e i riferimenti ai mostri sacri del genere, dai MBV ai Lush non mancano di certo), ma è sulle melodie che il lavoro viene approfondito come non mai, tanto che tutto entra in circolo fin dal primo ascolto. Synth usati in modo sapiente, infiltrazioni pop gustosissime e intriganti e ritmi variegati a solleticare il nostro udito: i californiani hanno trovato la formula giusta per incollarci all’ascolto.
La varietà è all’ordine del giorno, fin da quella “Undone” che ci rimanda inevitabilmente alle magie targate Kevin Shields, passando per il piglio sbarazzino di “Breaking”, la cavalcata anni ’90 di “Know” e i chitarroni che fischiano in “There”.
Continua in modo ottimale la crescita dei Soft Science, che dopo due album da sette pieno stavolta arrivano anche al 7,5: l’attenzione maggiore al lato pop va premiata, poco ma sicuro!