Amici da parecchi anni, nonostante la giovane età , i Moaning suonano già da parecchio tempo, ma questa band si è formata solo di recente, quando il cantante e chitarrista Sean Solomon ha inviato ai due colleghi il demo di “Don’t Go” e da lì è partita questa nuova esperienza insieme.
I tre californiani, che avevamo visto qui in Italia a Milano e Bologna a fine aprile in apertura dei Metz tornano in Europa per un tour da headliner e stasera passano di nuovo nel nostro paese per quella che è la loro unica data italiana: la venue è una di quelle che ci piacciono molto e che praticamente consideriamo come “casa”, ovvero il Mattatoio Culture Club di Carpi, in provincia di Modena.
Dopo il live dei Kint, quando le undici sono passate da pochi minuti, sale finalmente sul palco la band di Los Angeles, che presenta il suo omonimo debutto, uscito da poco per la storica Sub Pop Records: con discreto stupore notiamo subito che, più di una persona decide di rimanere nel cortile a bere o a chiacchierare, invece di rientrare a seguire il trio post-punk statunitense. Noi ovviamente preferiamo starcene nelle prime file a seguire il live-show dei Moaning e alla fine la nostra scelta si rivelarà azzeccata.
E’ “Does This Work For You” ad aprire la serata e ciò che fin da subito ci sorprende più di ogni altra cosa è il drumming di Andrew MacKelvie, molto più deciso e intenso rispetto alla versione del disco: la cattiveria del pezzo è aumentata dalle improvvise e potenti schitarrate del frontman, che aggiungono un’ulteriore dose di rumore.
Sono i synth del bassista Pascal Stevenson a introdurre la più morbida “Close”, che ci porta su territori shoegaze: mentre il vigore di MacKelvie non accenna a diminuire, la limpida e cristallina melodia fa urlare di pura gioia le nostre orecchie.
“Tired”, seppur dalle tinte piuttosto scure, viene ammorbidita ancora dai synth, mentre il drumming continua a farsi sentire, il singolo “Don’t Go”, invece, è primitivo, animalesco, cattivo ed è una vera botta di vita che ti arriva in fronte senza pietà : difficile trattenere la propria voglia di pogo su questo brano.
Come già nel disco, anche il concerto è chiuso da “Somewhere In There”: qui possiamo tranquillamente parlare di punk e, mentre Solomon scende tra il pubblico emiliano a cantare e suonare, possiamo percepure una vera e propria scossa di adrenalina, che non puo’ che farci piacere.
Tre quarti d’ora gradevoli per una band come i Moaning che, pur spaziando in più generi, anche nei momenti più dark, sa comunque regalare qualche breve attimo di melodia: ovviamente a noi la cosa non dispiace affatto.