I Magic Numbers tornano col quinto album, proseguendo il loro percorso tra vari generi: c’è blues, soul, folk e, ovviamente, pop. A tenere unito il tutto ci pensano le melodie, con la voce soave e potente di Romeo Stodart (voce e chitarra) al centro ed i cori della sorella Michele (basso) e Angela Gannon (tastiere) a completare una macchina ormai rodata. Il quartetto è completato da Sean, fratello di Angela alla batteria. Si, perchè i MN fanno tutto in famiglia e si sente: i suoni sono caldi e l’intesa tra gli strumenti è perfetta. Gli arrangiamenti sono semplici e ben dosati, su tutti l’intervento dei fiati in “Power Lines”, a mio gusto la canzone più riuscita.  Le chitarre di Romeo hanno giustamente un ruolo privilegiato, sia nei momenti più ruvidi, che in acustico.

Non c’è stata rivoluzione musicale rispetto ai loro lavori precedenti, l’evoluzione principale, che poi è la chiave per leggere i MN in generale, sta nella scrittura dei testi, in cui, nel corso degli anni, si sono saputi muovere con intelligenza e qualità , fino ad arrivare ad “Outsiders” che ne rappresenta la maturità .

La scaletta è un piccolo neo: si parte subito alla grande con “Shotgun Wedding” e “Ride Against The Wind”. “Runaways” e “Sweet Divide” rallentano di poco, mentre “Wayward” è il pezzo più folk. “The Keeper” rialza i bpm e scorre via veloce. Poi il tono cambia e le ultime 4 canzoni, più raccolte ed intime, tutte vicine, appesantiscono l’album. Ed è un peccato, perchè “Dreamer” è un ottima ballad, “Power Lines” è un sogno e la coppia finale “Lost Children” e “Sing Me A Rebel Song” sono i pezzi più profondi.

Con ogni probabilità  io non ho capito niente e questa era la vera intenzione della band e il senso del disco…”Outsiders”, appunto, fuori dagli schemi.