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Con un titolo del genere questo disco non poteva non finire nel nostro lettore. Il ragazzo, Benga, appena ventunenne, è da un pezzo che è nella scena: amico e collaboratore tra gli altri di Skream, incide per la Tempa una delle etichette madrine di tutto il sound, sicuramente ha talento e si applica con metodo (basta sentirsi tutti gli intrecci dei ritmi e la cura dei suoni) eppure sembra avere pochissima passione. Le composizioni sfortunatamente non conquistano mai per sentimento, suonano sempre come compitini ben eseguiti e nulla più. Non c’è nulla di brutto, anzi”… Quando parte il disco con “Zero M2” pare forse un po’ stucchevole, molto chill-out, ma la cassa dritta che irrompe a metà del pezzo è semplicemente perfetta. Night è massiccia e levigata, perfetta per i dancefloor più bui e sudati. L’ibrido electro-jungle e jazz d’atmosfera di “B4 The Dual” ricorda da vicino quando Luke Vibert produceva drum n’bass per il Sommo Pontefice (e se mai incontrerò il geniale e prolifico cornish kid gli chiederò perchè mai proprio della drum n’bass per quel gran pezzo di merda), mentre “Pleasure” presenta campionamenti sexy e bassi belli grassi che di nuovo tirano in ballo Luke, però stavolta quello che ama nascondersi sotto i moniker Amen Andrews o Spac Hand Luke. “Someone 20” fonde dubstep più rigoroso e patina r’n’b per ottenere infine ottimo downtempo. “Light Bulb” si fa più pressante nel beat e leggermente più acida nei timbri, mentre “Crunked Up” e “Go Tell Them” sguazzano nel grime più distorto e carico. Come si diceva sopra le sfuriate ritmiche, i momenti più rilassati, l’incedere geometrico della cassa, i repentini cambi di tempo, l’utilizzo abbondante ed efficace di echi e riverberi sono sempre perfettamente amalgamati: basta infatti ascoltare “Emotions” e “26 Basslines”, le due perle del disco; la prima che ricorda il Carl Craig più jazzy e la seconda che è pura genialità sotto qualsiasi aspetto la si valuti. Insomma tutto molto bello, eppure tutto poco sentito: levigato fino ad aver perso ogni briciola di emozione. Davvero un peccato, chiaro che non è un disco da buttare nel cesso, è certamente un esordio da invidiare, ma aspetteremo il prossimo turno nella speranza che dietro a queste intricate impalcature sonore appaia una qualche traccia di calore. |
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