Più tenti di cancellarmi e più io appaio.
Questo non è un disco. Questa è la realtà . Più fate finta che la realtà non esista e più lei vi schiaccia e vi rincorre fino a bucarvi la schiena da dietro. Più fate finta che quel pomeriggio dell’11 Settembre di cinque anni fa non è successo niente e più le urla di chi l’incubo l’ha vissuto in prima persona non vi faranno dormire la notte. Più continuerete a parlare di calciopoli e più le sirene di Haifa vi scoppieranno gli organi interni. Le immagini dei bambini che scappano con le bocche piene di sangue non le devi evitare, perchè, in parte, fanno parte della stessa merda che ingoi ogni giorno anche tu. Potere e solo potere, la gente è un numero.
Tu che leggi e io che scrivo siamo allo stesso modo solo dei piccoli segni su un codice a barre. La realtà : hai lo sguardo fisso sul computer per troppe ore al giorno, non dormi molto bene, sei stressato e piuttosto pallido, i potenti fanno strani giochi e tutti sono spiati manco fosse un videogame. Thom Yorke queste cose le canta da un decennio: si è partiti da una semplice constatazione delle cose per arrivare alla paranoia più totale. Questo disco è reale. E’ inchiodato alla realtà di oggi. E’ un buon disco, niente di eccessivamente miracoloso: dietro tutto c’è sempre Nigel Godrich ed ecco quindi che molte delle cose presenti nel disco suonano come una costola di “KidA” o di “Hail To The Thief”. Tappetini di elettronica ‘felpata’ bit continui e ritmati come il battito delle vene e quella voce che si lamenta da sempre per qualcosa che gli ha provocato strani pensieri di notte.
Diciamoci la verità e non facciamo troppo i ruffiani: nessuno sentiva veramente bisogno di un disco-solista di Thom Yorke, tanto più se suona così Radiohead di ultima generazione, però è anche vero che di personaggi con un occhio malato e con un cervello rivoluzionario che urlano in faccia alla realtà che fa più schifo di un incubo, non ce ne sono molti altri in giro. Rimetto da capo “The Clock” e ipotizzo una data ben precisa per la fine del mondo.