Joe Henry torna di nuovo sul luogo del delitto. Questa volta non per licenziare un altro disco favoloso come “Blood From Stars”, di qualche mese orsono, ma per convincere, dapprima con lusinghe e corteggiamenti sulla lunga distanza, poi con ammissioni d’amore e dedizione che sfociano nell’idolatria di pagana memoria, un arzillo ed ottimista ottantatreenne che risponde al nome di Mose Allison, a tornare nuovamente in uno studio di registrazione dopo ben tredici anni di assenza.
Sì, proprio lui, il cantore bianco dalla voce dolce ed addomesticata ma incredibilmente naturale, ideale linea di demarcazione tra Nat King Cole e Randy Newman, titolare di una scrittura impressionante, dai testi diretti, veri e mai banali, contornati da un pianismo eclettico che spazia tra dissonanze alla Monk, singulti barrelhouse alla Errol Garner nonchè voli pindarici alla Bud Powell.

Eppure, difficile a credersi, il buon vecchio Mose non ha mai fatto scuola, non ha figliato imitatori, reo forse di troppa umiltà  ed autoindulgenza mista ad epidermica allergia alle luci della ribalta ed alle classifiche di vendita, o più semplicemente perchè titolare di uno stile musicale difficilmente incasellabile in un genere preciso, l’anello mancante tra il blues ed il jazz (per parafrasare il grandissimo Ray Davies). La sua influenza, però, è enorme e duratura ed innumerevoli sono gli artisti che gli devono molto: dai The Who, che hanno fatto brulicare, bruciare ed infine esplodere la sua “Youngman Blues” sull’ormai leggendario palco di Leeds in quel bel dì del 1970, passando per i Clash, che hanno aggiunto un tassello prezioso al mosaico pregno di funk, dub e musica del terzo mondo che è qual capolavoro assoluto di “Sandinista!” con la sua “Look Here”. Per non parlare di Costello, il su citato Ray Davies ed infine Van Morrison, che ha dedicato al buon Mose nientemeno che un disco intero, “Tell Me Something”, giusto per citare i più grandi.
Ciò che ne consegue, “The Way of the World”, è un vivace ed appagante ritratto in musica della vita moderna e delle sue mille contraddizioni e sfaccettature.

C’è tanto blues, a volte sbilenco (“My Brain”), talvolta pulsante (“I Know You Didn’t Mean It”) o addirittura indiavolato (“Let It Come Down”). Ma c’è anche spazio per irriverenti J’accuse all’indirizzo della religione organizzata e del suo subdolo controllo delle coscienze (“Modest Proposal”), nonchè vertiginose e spericolate corse sui tasti bianchi e neri del pianoforte (la strumentale “Crush”).
Un delizioso quadretto dixieland che racconta la fine di una storia e lo struggimento del protagonista impreziosito dalla voce della figlia Amy, chiamata a duettare col vecchio leone (“New Situation”), chiude il disco, lasciando addosso una benefica sensazione di appagamento, mista ad un fanciullesco amore per le piccole cose quotidiane. La preghiera di Joe Henry è stata ascoltata e la promessa non è stata infranta. Il Buon Leone può riposare adesso. Alla prossima volta, o forse alla prossima vita.

Cover Album

Way Of The World
[ Anti – 2010 ]
Similar Artist: Randy Newman, Van Morrison, Thelonious Monk, Errol Garner
Rating:
1. My Brain
2. I Know You Didn’t Mean It
3. Everybody Thinks You’re An Angel
4. Let It Come Down
5. Modest Proposal
6. Crush
7. Some Right, Some Wrong
8. The Way Of The World
9. Ask Me Nice
10. Once In A While
11. I’m Alright
12. This New Situation