I Television Personalities sono la stramba creatura di Daniel Treacy, personaggio dal passato (e presente?) piuttosto problematico: la “classica” storia del tossicodipendente che ruba, passa di galera in galera per poi uscire, farsi ospitare da qualche parente e ricominciare. Leggo che già nei primi anni ottanta fecero qualcosa di buono, raggiungendo una discreta fama, per poi sparire e tornarsene fuori ora, con questo “My dark places”. E’ musica non facile: attitudinalmente punk, nel senso Velvet Underground del termine.
Canzoni spigolose dalle strutture scardinate e discontinue ma inspiegabilmente irresistibili (“All the young children on crack”), musiche filmiche per horror ambientati nelle buie infinità dell’oltrespazio (“Ex-girlfriend Club”), splendide indiepop song sciolte in distorsioni chitarristiche ed angelici cori femminili da desiderare solo di abbandonarvicisi gioiosamente (Dream the sweetest dreams, She can stop traffic, I hope you’re happy now), organi sacri ed odore di candele soul che ricordano le visioni notturne di David Thomas coi Two Pale Boys (You kept me waiting too long, Then a big boy came and knocked it all down), divertenti e spiazzanti idiozie ultra-kitch da karaoke ubriachi ( “Velvet Underground”, “My Dark Places”, “They have to catch us first”), toccanti ballate da tuffo al cuore per solo pianoforte e voce, che lo spirito di Daniel Johnston sembra quasi abitare un nuovo corpo (“I’m not your tipical boy”, “Tell me about your day”), l’inconsolabile e definitiva conclusione che è lo straziante capolavoro “There’s no beautiful way to say goodbye”.
Sopra a tutto, il continuo senso di sfasamento, di malessere più o meno cosciente, la sensazione di spiare qualcosa di oscenamente intimo e privato fanno da collante per questa raccolta di bizzarrie, musiche d’ogni dove e citazioni ai generi più disparati altrimenti difficili da conciliare. Un disco scuro, intenso ma anche tenero, impacciato e commovente. In definitiva: un disco di rara autenticità e dal fascino duraturo.