[Attenzione, il disco recensito potrebbe gettare dentro al colore blu tutto quello che vi circonda. Prendete queste parole nella maniera più seria possibile per favore.]
Come può essere che sono rimasto stregato da un disco così? Come mai un disco di cover mi ha rapito in questo modo? Come può essere che dopo solo un paio di ascolti questo dannato album si arrampichi in modo così presuntuoso e sudato sui gradini del podio dei miei dischi dell’anno? Eppure credevo che quasi più niente, ad eccezione delle pessime battute di Just, potesse lasciarmi così: sfatto sull’asfalto. Dopo essermi imbattuto nella piacevole scoperta dei Bel Auburn ecco che entro in quello che secondo me è il miglior negozio di dischi indie in Italia e rimango immobile nell’ascoltare sta roba ipnotica che viene sparata a mille senza rimorso dalle casse. “It’s A Long Way To The Top” mi entra fin dentro ai polmoni. Stupendo.
Niente più pensieri. Niente parole. Non mi accorgo neanche che sono canzoni già scritte da qualcun altro: Martin Gore, Ian Curtis, Leonard Cohen, Paul Stanley e Adam Mitchell e altri ancora. Tutti lì dentro. Tutti dilatati in una dimensione da sogno. Nordica, freddissima, piena di cristalli di neve e sentimenti sotto lo zero. Una goccia di metallo incandescente che cade in uno stagno ghiacciato. Insomma ancora immobile sulla soglia del negozio faccio «Scusi chi è » Con l’indice rivolto all’insù, come per indicare Dio «E’ questo! » Fa lui e mi mette davanti una copertina scura, piena di foglie «Lo prendo! » ed esco non ricordando neanche per che cosa ero entrato. Susanna Karolina Wallumrod senti, io e te non ci conosciamo ma devo proprio dirti che forse non ho mai ascoltato nessuno con questa voce. Cosa c’è in Norvegia che fa cantare così? Perchè tanta tristezza?
Tutto è solenne. Tutto è tendente da un punto a un altro. Dal folk al post rock. Ma molto più metallico. Solo voce e tastiere (!)”…di qualsiasi tipo: piano, cembalo, vibrafono, organo-molto-ecclesiastico, keyboards e pedal-steel. Niente percussioni. Niente chitarre. Solo un enorme monumento sacro che si sbriciola al rallentatore davanti ai vostri piedi e voi che non avete neanche la forza di scappare. Potete solo rimanere lì.
Paralizzati.
Svuotati.
Felici.
Tristissimi.
Siete ancora convinti di voler spendere quei soldi per quel gruppo indie rock tutto punk e Coca Cola?