Originalità  e qualità : sinonimi?
Il buon Marinetti già  aveva sviscerato e colto l’importanza della questione un secolo fa, e in ogni caso la risposta sembra essere ancora lontana.
E con la nuova release di casa UNIVERSAL/GSL non è che gli ispirati Mars Volta rendano più semplice il compito rispondere alla grande questione.

Personalmente quando si tirano in ballo i TMV faccio obiettivamente fatica a non rimanere incantato dalla magia che pervade, inonda e circonda questa band(a), da ritenere quasi alla pari di una setta per il carisma e il coinvolgimento che riescono ad esercitare. Con lo scopo ben preciso di destrutturate ogni concetto musicale assodato e percorrere nuove vie senza preconcetti di sorta, alla ricerca della forma canzone aggrappandosi anche all’improvvisazione pur di creare senso di smarrimento.

“Amputechture” è stato ampiamente tacciato di essere un’opera rovente, per i presupposti molteplici e angoscianti legami con il mondo delle religioni, dell’ignoto e dell’occulto.
Possono esserci fondamenti relativamente a questo discorso o può anche essere che tutto sia un tam tam sollevato gratuitamente, di certo resta l’evidenza che i dodici evocativi titoli non fanno altro che suffragare la prima tesi, celebrando continuamente feticci e icone di ogni genere religioso come bafometti, cervi e viscere.
Le monsoniche provocazioni psych, mai patetiche e insipide, per questo gruppo che dedica la stessa ricercatezza ed attenzione sia alle liriche che al sound, schiantano l’ascoltatore-discepolo.
Si può trovare di tutto e anche il suo opposto, strumenti banali trattati con sapienza esplorano l’ancora ignoto.

Le molteplici fonti culturali, dalle quali prendono spunto le menti creative Cedric e Omar, sono esimi personaggi della pittura, del cinema, delle arti in generale, i quali gli hanno formato un preciso background, di alto ed eterogeneo livello intellettuale. Ma la compattezza ideologica non scema mai e in questo modo ci si può permettere di spaziare da scampi elettronici (“Tetragrammaton”) a tracce noise (“Meccamputechture”).
Il lurido giaciglio “Asilos Magdalena” porta oltre la linea di galleggiamento tutte le debolezze umane finora sommesse e la profonda drammaturgia di questa scheggia rende solo un inutile esercizio fine a sè stesso ricacciare sotto al livello di controllo a questo punto.
Mai ampolloso e debole, è uno dei classici lavori che merita le fuckin’ cinque stelline, ma una critica bisognerà  pure farla, non ci si vorrà  mica illudere che sia stata raggiunta la perfezione? A voi il difficoltoso compito, anche se il tentativo, iniziato con “De-loused In The Comatorium” e proseguito con “Frances The Mute”, è chiaramente in atto.

Che sogno se venissero prodotti ogni anno almeno tre-quattro album di questo sfolgorante livello, in grado di impegnare un paio di mesi per riuscire a maturare un giudizio netto e poi cento anni per farti allontanare da esso.
Io non sono ancora riuscito a sfuggire alla trappola “Martiana”, e soprattutto lungi da me questa urgenza.