Salgo sul treno. Mi sono svegliato da poco, ma non ho dormito molto. E’ una giornata fredda e limpida: il meglio che si può. Mi siedo in un vagone quasi vuoto. Estraggo il cd player dalla borsa. Dentro c’è il nuovo “In Circles” di Tara Jane Oneil. Di suo avevo già ascoltato, cinque anni fa, il primo “Peregrine”: ricordo che non è che mi avesse proprio sconvolto la vita ma mantenuto desta la curiosità sul personaggio certamente sì.
E infatti siamo qui. Comincio ad ascoltare il cd e guardo fuori dal finestrino. Freddo dentro e fuori. Cristalli di ghiaccio si sfiorano. Presto è sopore e rapimento, stato liquido e vapori. Ragazza con chitarra. Folk classicheggiante dalle strutture dilatate, aperte, memore di certo post-rock: lento, etereo ma comunque preciso.
Impasti strumentali acustici indistricabili: un tutt’uno di suono e atmosfera. L’incompiutezza di Bonnie Prince Billy con al posto della sua voce, cori angelici e diafani fantasmi, neanche fosse shoegaze. Provi a stringere le dita e non ti rimane nulla tra mani, solo il ricordo di uno stato d’animo confuso, il dormiveglia, uno sguardo stanco e malinconico sul mondo. Sguardo dolente ma compassionevole. E’ musica per solitarie contemplazioni”…Mi ero addormentato. Dove siamo? Avrò superato Bologna? Cacchio! Mi ero addormentato, sì. Ma così dolcemente che è stato un peccato, il risveglio.