Chantalle è l’alter-ego/pseudonimo di Francesco Benincasa, “l’ombrello” sotto cui l’ex chitarrista dei Babalot di “Che Succede Quando Uno Muore”. Ma Chantalle è anche “la tenutaria di tutta l’area autocelebrativa della personalità  di ogni maschio moderno che, vedendo frustrata la sua aggressività  dall’iper-organizzazione e conseguente comodità  dell’era moderna, rivolge contro se stesso la propria attenzione”; la virata in-solitario di n musicista che si auto-condanna; e guarda con sarcasmo ed amara ironia a realtà  che si fatica a tenere tra le mura accoglienti di una stanza.

Come: Denti Bianchi è una raccolta – le canzoni preferite di Chantalle, ma anche le nostre – che viaggia su cd-r o tramite i canali peer-to-peer di Soulseek (da dove ce lo siamo procurato, scaricandolo direttamente dall’autore); quattordici canzoni che cercano di riassumere un percorso/scelta di vita e che meriterebbero una sistemazione migliore.

Cosa: La scatola dei balocchi di un musicista, in cui – attraverso un lo-fi in bilico tra scelta e circostanze – vengono mischiati in quattordici tracce (mai termine fu più azzeccato) le anarchie hip-hop dei eildentroeilfuorieilbox84 (“Era Meglio”), le originarie sovversioni Babalot (“Non Sei Più”), il post-punk à -la Skiantos (“In-soap-portabile abitudine”), le tentazioni pop di Samuele Bersani (“L’Uomo Del 2500”) e molto altro ancora. Il risultato è un album che si avvicina soprattutto ai Mr.Brace del nostro amico Astar.

Perchè: Difficile spiegare il motivo per cui i dischi di Chantalle (sempre del 2006 è l’EP Asilocomio) non abbiano ancora trovato non solo una major, ma nemmeno una minuscola etichetta indipendente disposta a dargli fiducia. A nostro modesto parere, Chantalle rappresenta – nel panorama italiano – uno degli artisti più sottovalutati; e questo disco si contende, insieme a Spielerfrau, Sunset Rubdown e Casiotone For The Painfully Alone (tanto per citare soltanto le opinioni del sottoscritto), il non invidiabile titolo di “Album più sottovalutato del 2006”.