Il terzo studio album di Chantalle Passamonte aka Mira Calix segna il punto d’arrivo di una percorso sperimentale che la sudafricana ha intrapreso da diversi anni.
Dopo aver studiato fotografia in patria, Chantalle arriva a Londra nel 1992 per tentare di esprimersi in questo campo. Dopo poco però è costretta a fare i conti con i magri guadagni che ricava dall’essere una freelance e decide di aprire un negozio di dischi a Soho, dando così sfogo all’altra sua grande passione: la musica.
Inizia a fare la dj in alcune serate in giro per Londra, all’interno di location inusuali occupate per l’occasione. Niente clubbing quindi, più che altro situazioni intime ed originali dove suonare musica chill out dopo la chiusura dei locali. In questo periodo entra in contatto con la Warp e si inserisce in pianta stabile nell’ufficio stampa dell’etichetta. Da qui in poi inizierà ad occuparsi di musica a tempo pieno.
In direzione warpiana andranno soprattutto i primi lavori ( il singolo ” Pin Skeeling ” del 1998, l’album ” One On One ” e le ” Peel Sessions ” del 2000 ), largamente influenzati dalle ricerche di Aphex e Autechre.
Se già dal secondo album ” Skimskitta ” ( 2003 ) la Calix inizia ad elaborare una poetica molto più personale, fatta di elementi d’avanguardia, improvvisazioni repentine e laceranti frammentazioni acustiche, sarà con le collaborazioni poi contenute nell’EP ” Three Commissions ” ( 2004 ) che la sudafricana si affrancherà definitivamente dagli archetipi degli esordi per intraprendere una direzione ” sperimentale ” nell’accezione più creativa e organica del termine. L’EP in questione nasce dal lavoro fatto su commissione per il Museo di Storia Naturale di Ginevra e per una galleria d’arte britannica. La richiesta del Museo appare particolarmente stimolante quanto di non facile attuazione: creare musica con dei ” found sounds ” inusuali quali i ronzii degli insetti, api e farfalle in particolare. Partendo da questa traccia Chantalle dà vita ad improvvisazioni suggestive e rarefatte, irreali e violente, specie quando ad accompagnarla c’è la London Sinfonietta.
Sarà quest’ultima esperienza a prefigurare direttamente gli orizzonti di ” Eyes Set Against The Sun “, un album che esprime le tensioni della realtà contemporanea attraverso la costruzione di un’altro universo, parallelo ma speculare al nostro. Un mondo in cui si comunica attraverso la minacciosa purezza del canto di un coro di bambini ( che aprono e chiudono il disco ), tra suoni rubati all’acqua che scorre, violini, ritornelli inquietanti ( l’iniziale ” Because To Why ” ); un luogo in cui le note toccanti di un piano ( ” Eeilo ” ) e l’ angoscia di lunga suite per glitch ossessivi e field recordings ( ” The Way You Are When ” ) trasportano l’ascoltatore in una realtà distante dalla nostra, nel tempo e nello spazio. In questo ” altrove ” la grazia immanente può arrivare inaspettata, sotto forma di poche parole pronunciate come carezze, tra un diluvio di vetri spezzati che col passare dei minuti prendono l’aspetto della divinità Richard D. James ( ” Umbra / Penumbra ” ), oppure attraverso il battito d’ali di una farfalla che vola via in una foresta di minimalismi zen e tensioni ambient ( ” Belonging ( No Longer Mix ) ” ).
L’universo musicale di ” Eyes Set Against The Sun ” non vi si schiuderà dinnanzi facilmente, poichè per mantenersi puro e incontaminato ha scelto di nascondersi dietro un’apparente ostica impenetrabilità .
Vale però la pena fare uno sforzo, perchè raramente oggi ci viene data la possibilità di perderci in simili esperienze sonore.