Amon Tobin è sicuramente uno degli artisti più geniali del panorama elettronico. Nato a Rio de Janeiro si è presto trasferito in Inghilterra dove ha cominciato a manifestare il suo interesse per l’ Hip Hop, il Blues e il Jazz, cimentandosi anche nella realizzazione di musiche per videogames, soundtrack e spot pubblicitari.
La sua musica infatti suggerisce sempre delle immagini mentali particolarissime: visioni notturne, ambientazioni esotiche, situazioni inquietanti, rese per mezzo di suoni distorti, arrangiamenti orchestrati, contaminazioni jazz e drum “‘n’ bass, livelli sovrapposti di suoni campionati, trasformati in presenze che sgorgano all’improvviso dalle pieghe della melodia.
Il 6 marzo scorso è uscita per la Ninja Tune la sua ultima release, Foley Room (che prende il nome dagli studi in cui vengono realizzati gli effetti sonori), sicuramente il suo disco più bello, un capolavoro assoluto.
Negli album precedenti Amon Tobin si è spesso servito di stralci presi da vecchi vinili per rielaborarli e riutilizzarli trasformandoli in qualcosa di nuovo e anche stavolta infatti ha potuto giovarsi della musica di artisti come the Kronos Quartet (in “Bloodstone”), Stefan Schneider e Sarah Pagè. “In Foley Room” però va oltre.
Stanco delle possibilità espressive degli strumenti e degli effetti musicali più o meno canonici, secondo quanto riportato anche sul sito ufficiale della Ninja Tune, ha raccolto e ha usato i suoni più diparati: dal ruggito di una tigre a gatti che mangiano topi, dal ronzio delle vespe a utensili da cucina, rubinetti sgocciolanti, il rombo di una motocicletta, ecc”… trasformandoli in elementi cardine della sua sperimentazione musicale.
“Foley Room” è un album che colpisce immediatamente per la purezza e la ricchezza dei suoni, la sperimentazione portata all’estremo, il tentativo di portare ordine nel caos e di fondere insieme musica e suoni. E’ un album, imprevedibile.
Eccitante. Pieno di sorprese. Ad ogni ascolto si materializzano nuove profondità , si scoprono nuove interpretazioni, si sviluppano nuovi intrecci sonori.
“Bloodstones” apre l’album con ritmi balcanici, “Esther’s” è un pezzo travolgente dai ritmi spezzati e incessanti, “Keep Your Distance” è l’evoluzione naturale della famosissima “4 Ton Mantis”.
“Kitchen Sink” ha un titolo decisamente descrittivo mentre la bellissima “At The End Of The Day” che chiude l’album è un incastro di lame e suoni metallici. In tutti i pezzi comunque è facile perdersi nel gioco di riconoscere suoni e rumori che ci accompagnano nella vita di tutti i giorni ma che qui acquistano tutt’altra dimensione e diventano la leva per suscitare delle fortissime emozioni.
Credit Foto: Jesse Stagg