Mi accosto agli Zu per la prima volta con molta curiosità e un pizzico di vergogna per la tardiva scoperta. Inutile dire che la commozzione è tanta quando mi accorgo che i Nostri (sono Italiani) citano nei ringraziamenti i Boris e i Sunn 0))), rappresentanti di punta di una scena, quella doom-metal-stoner, che mi ha particolarmente preso a cavallo fra 2006 e 2007.
Conoscevo invece Nobukazu Takemura, ma più che per eventuali trascorsi Jazz, per certe incisioni tra 8bit music e improvvisazione elettronica, in pratica musica “da videogiochi” (se mi passate la licenza). A prescindere dai miei ‘incontri’ con Takemura, l’avanguardista giapponese in realtà non sfigura al fianco di nomi quali John Cage, Brian Eno e il più Popular Robert Wyatt.
Il trio free-jazz-noise Italiano dopo Mats Gustaffson, Fred Lonberg Holm, Thruston Moore e Jim O’Rourke sceglie Nobukazu, e mai scelta fu più appropriata. Difficile per chi come me non conosce i ‘capitoli precedenti’, scorgere discrepanze o sodalizi sonori che non sembrino frutto di un unico ensable più che di una collaborazione, come invece è.
I martelli pneumatici sordi e stoner di Takemura fraseggiano con un sax baritonale dislessico, in botta-e-risposta degni della musical-grammar di Ornette Coleman. Perfette gli innesti di Massimo Pupillo e Jacopo Battaglia, rispettivamente al basso e alla batteria.
In “Identification With The Enemy: “A Key To The Underworld”, le tettoniche a placche del suono cozzano in terrificanti terremoti musicali. E come sempre è, tra un’apocalissi e l’altra, magici tappeti di elettronica esistenziale esplorano l’inconscio del suono. Per “capitani coraggiosi”.