E per l’ultimo giorno di festival tocca a me, Sachiel, documentarvi la giornata ,con l’ausilio di Joses per quanto riguarda le Long Blondes, siccome è innamorato perso della cantante, e per i Mum, ai quali ho dovuto rinunciare perchè in concomitanza con i Wilco.


Sono appena le 17:15 ma io ed un amico siamo già  li perchè desideriamo vedere l’Auditorium e abbiamo scelto il concerto di Shannon Wright per farlo. La struttura all’interno è stupenda, davvero suggestiva con quelle luci blu che interrompono il buio della sala che illumina solo il palco in fondo. Il silenzio religioso accompagna un’esibizione piuttosto scarna ma comunque ricca di energia. Lei si presenta soltanto con la chitarra elettrica, e questo non giova alla nostra stanchezza, accumulatasi nei due giorni precedenti, e al bisogno estremo di qualcosa di più adrenalinico per preparaci alla lunga nottata. Insomma non c’è niente che non vada in questo live set, ma noi preferiamo anticiparci un po’ per dirigerci verso il palco ATP per gli Apples In Stereo che preferiamo, seppur con qualche tentennamento, al concerto di Ted Leo. L’appuntamento con gli altri è nei pressi del palco, e il bello è che se si arriva puntuali si hanno sempre grosse possibilità  di guadagnare una posizione favorevole tra il pubblico, poichè è molto difficile che nello stesso stage i concerti si susseguano uno dietro l’altro. Ci sono, quindi, vere e proprie migrazioni di massa all’interno del festival che riempiono le platee soltanto quando le prime note sono già  state suonate. Gli Apples ripagano la nostra scelta in pieno, con un set di puro, divertente e divertito rock pop, suonato con energia, entusiasmo e buona capacità  di coinvolgere il pubblico presente. Circa sessanta minuti di deviazioni pover pop, classico indierock e accenni emo che finalmente ci hanno regalato la giusta dose di energia per proseguire. Già  perchè subito dopo c’è da correre all’Estrella Damm per le Long Blondes.


E qui dovevate vedere Kate, lei, la cantante, il tubino rosso che la cingeva, le gambe bianche e lisce e tutte quelle mosse da rockeuse che hanno inchiodato tutti i maschietti lì presenti in una smorfia inebetita di stupore misto ad eccitazione adolescenziale. Forse è stato il concerto al quale ho fatto più fotografie, preso da delirio mistico. Musicalmente la band inglese sforna una performance divertente, ben suonata, che ha il suo apice in “Once And Never Again”, travolgente su disco ed ancor di più dal vivo. Del resto del concerto non ricordo poi molto altro, se non Kate che sgambetta elegante a destra e a sinistra. Una volta, ne sono sicuro, mi ha anche guardato ed ha sorriso mentre lo faceva.
Oggi non ci è permesso prenderci troppe pause, e infatti tocca gli Architecture In Helsinki esibirsi al palco Rockdelux. Altra migrazione più o meno di massa per quello che forse è stato il concerto più divertente dell’intero festival, e non poteva essere altrimenti. Si balla, ma non si suda, grazie alla fresca brezza che viene dal mare, e come il primo giorno con gli Herman Dune, non poteva esserci tramonto più dolce e colorato di questo. La gente canta a squarciagola i ritornelli che la bizzarra band sputa fuori dai propri strumenti, continuamente scambiati tra i componenti del gruppo. Quello che su disco era pura e geniale follia qui viene confermato sino all’ultima nota. Abbiamo i sorrisi stampati sul viso e seppur stanchi non disdegniamo un’apparizione più defilata al palco Estrella dove suona Patti Smith. La scelta è così vasta che si è costretti a vedersi un concerto di un’icona del rock con meno passione e attenzione di altri. Ma lei c’è, ovviamente una garanzia e a parte degli imbarazzanti baffi, la signora Smith mette in riga tanti giovani posers che si credono i nuovi dei del rock . Tanto di cappello, ci inchiniamo. Alle 22:35 è la volta di The Good, The Bad & The Queen. Si inizia con un quartetto d’archi e poi loro quattro: Damon Albarn, ma soprattutto il basso di Simonon che spesso ruba letteralmente la scena con le sue movenze eleganti da perfetto gangster di inizio ventesimo secolo. Bel concerto, non troppo lungo, ma si sa, con un solo disco all’attivo non era lecito aspettarsi di più. Belle atmosfere grigie dai tempi medio lenti, peccato solo per la presenza sul finale di un rapper ciccione di cui non sappiamo il nome, che ci è sembrato abbastanza avulso dal contesto nel cercare di coinvolgere la folla come fossimo ad un concerto del Piotta. Fossero questi i problemi della vita vivremmo nel paese dei balocchi.


Lo ammettiamo, i Sonic Youth non ci prendono particolarmente, per cui assistiamo distratti ad una quarantina di minuti della loro lunga esibizione che porta dal vivo l’intero “Daydream Nation”, il vero e proprio manifesto della discografia della band. Beh, credo che per i numerosissimi appassionati accordi all’Estrella Dome si sia trattato di una serata memorabile a dir poco, anche per la presenza al basso di Mark Ibold dei Pavement. Ma avevamo bisogno di riposarci, per cui ci facciamo un giro tra i numerosi stand e addirittura riusciamo ad incrociare uno dei nostri, Lorenzo, divenuto ormai vera e propria figura mitologica per la sua incredibile capacità  a prendere appuntamenti sotto ai palchi per poi non presentarsi mai. Infatti , tempo un quarto d’ora e lui già  svanisce nella notte del Primavera, probabilmente inghiottito da se stesso. Si fa l’ora di presentarci all’ATP per il live dei Grizzly Bear, pieno di atmosfere folk dilatate, davvero interessanti, anche se dopo una mezz’ora siamo costretti a salutarli per guadagnarci una posizione favorevole per il concerto dei Wilco. Li aspettavo da anni e posso finalmente dire che sono stati assolutamente i miei preferiti del festival, senza ombra di dubbio. Avevo timore per la scaletta, visto che gli ultimi due lavori sono stati per il sottoscritto una mezza delusione, e invece mi ritrovo a cantare con qualche migliaio di persone un bel po’ di canzoni di “Yankee Hotel Foxtrot” e dei dischi precedenti. Tweedy è di buon umore, coinvolge, si diverte, dice di amare questa atmosfera, e non puoi non credergli per come ti schiaffa in faccia e nel cuore una versione da brividi di “Via Chicago”, e di come chiude, a notte inoltrata ormai con una strepitosa “spider” uno dei concerti più belli della mia vita. Lunga vita ai Wilco, fenomenali. Sul palco dell’Atp vanno invece di scena gli attesissimi Mum. Credevo che ad assistere allo spettacolo di questi folli islandesi saremmo stati in pochini vista la concomitanza coi Wilco.


Ed invece, con grande stupore anche da parte loro, c’è una gran folla di appassionati ad attenderli; il che comporta i continui ringraziamenti (che tenerezza!) da parte di tutti gli increduli membri della band. I concittadini di Bjork sfornano una performance stellare, piena di energia, tra violini e sintetizzatori, a tratti commovente e sognante. Una sorpresa che mi ha colpito non poco, lasciandomi una bellissima sensazione addosso. Il tempo di riprendermi e raggiungo Sachiel per l’ultima fatica della giornata.
Per me il festival è ormai finito, sono quasi le 4 del mattino e sediamo sui gradini del Rockdelux e vediamo i Battles. Forse troppo rumore adesso che la notte andrà  a morire, e con lei i ricordi di una tre giorni davvero strepitosa. C’è gente, sotto al palco, che ha ancora la voglia e la forza di ballare queste canzoni dai ritmi serrati e schizofrenici. Si, saranno pure bravissimi, non lo metto in dubbio, ma il sipario inizia a chiudersi e ci aspetta di li a poco un volo per l’Italia. Intanto voci di corridoio ci informano che Lorenzo era stato trovato ubriaco a dormire nei pressi del palco Rockdelux durante l’esibizione dei Battles, riuscendo a destarsi e a ballare un solo pezzo per poi collassare nuovamente da qualche parte nei pressi della spiaggia.


Io sono pronto per tornare qui l’anno prossimo, spero lo faccia anche qualcuno di voi dopo aver letto le nostre impavide gesta da amanti del rock. E magari che qualcuno riesca a vedersi un intero concerto con Lorenzo. Avrà  tutta la mia ammirazione nel caso.