Due ragazzi e una ragazza. Un basso, una chitarra, una tastiera. E la batteria? Che si fotta la batteria… stavolta ci pensa una di quelle mechanical drums che fa molto vintage ritrovato in soffitta. Ecco un disco che in sole cinque canzoni ti fa nascere nel cervello la domanda: “Ma questo è quello che sarebbero stati i esus And mary Chain se avessero sorriso anche solo unpo’ di più e se invece di autodistruggersi avessero bevuto latte e menta?”.

Si. Si, cazzo, perchè lo shoegazer non deve rimanere per forza nelle fogne, nel fango e piangersi addosso. Le distorsioni e i feedback e quella drum machine martellante possono anche trasformarsi in una buona novella pop e provare a illuminare. Un ep velocissimo. Un debut coi fiocchi: fresco eppure vecchissimo allo stesso tempo. Romantico e spensierato (due termini che odio profondamente ormai ma è così…non si scappa). Distorto e pieno di Smiths, Cure.

Una new wave drogata. La traccia che chiude il disco, omonima al nome del gruppo, è una visione che prende la band, la mette su un alco, gli fa tirare un paio di calci in culo ai Raveonettes, tanto per gradire e per fargli capire che il loro show è finito, per poi cominciare a pestare su quei pedali malati.

Bella prima prova, dudes. Rave On, now!