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Il fatto è che l’altra sera nevicava. Sottile, lenta, incessante, bianca, timida, la neve scendeva giù a coriandoli. Non sono abituato alla neve. Al mare in tempesta d’inverno sì, ma la neve per me è solo quel po’ di zucchero a velo sul Vesuvio. Guardavo verso la lampadina in alto ed in controluce vedevo gli schizzi grigiastri scendere ed ero contento. Si, contento. A farmi compagnia c’era una voce in totale nemesi astrale con quell’ambiente ostile che sono le due di notte di un inutile giorno di gennaio. Corde vocali calde, pastose, in bilico tra esplosione e trasalimento sussurrato. Brooklyn come la caldaia che getta fuoco nelle nostre vene. Un abbraccio, una coperta di lana poggiata sulle spalle di chi si è addormentato sulla poltrona. Melodie centrate in pieno, sguardi nitidi, ma non le solite nenie folk. I Midlake hanno segnato il passo e David Wingo e compagni sono la perfetta prosecuzione di una linea partita dal Texas che continua a percorrere gioiosa i vari Stati americani. Wingo è un Pedro The Lion che compone dopo aver preso una valeriana, meno ansioso e dolorante in quel che fa, ma con la stessa carica emozionale di David Bazan. Fiocco dopo fiocco lo stupore per un album perfetto, il giusto bacio prima della catastrofe, rimane intatto e cresce. Nonno Young accennerebbe un timido sorriso ascoltando qualche passaggio che sarà scivolato anche tra le sue dita. Trame folk-rock si inseguono tra amarcord ed intuizioni da terzo millennio per consolidare un genere che vede le nuove leve americane padrone assolute di un modo di sentire la musica unico e profondo. Questo è un disco da proteggere con cura, lucente di una bellezza fragile e rara. Proprio come i fiocchi di neve. O come la cenere di un cassonetto in fiamme. Perchè certe notti invernali sono così sole che crederesti a tutto pur di strappare un mezzo sorriso all’oscurità . |
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