[ratings]
Realizzare un intero album di cover è da sempre progetto ricco di insidie. Bisogna essere capaci di non deludere tante, troppe persone: artisti comprensibilmente attenti nel vigilare sulle proprie canzoni oggetto di altrui reinterpretazione, i loro fans pronti a trasformarsi in assetati squali ogni qualvolta viene tirata in ballo la musica che più adorano , ed infine la critica sempre alla ricerca di validi pretesti per stroncare come “pretenzioso” o “inadeguato” un omaggio musicale. E’ pur vero che quando un disco di cover viene confezionato con competenza e personalità assurge da subito a ruolo di “‘instant classic’, un lavoro universalmente apprezzato e acclamato, ottimi esempi in tal senso sono “Covers” e il recente “Jukebox”, considerati tra i migliori di Cat Power. Adem, sembra ripercorrere le orme della sua illustre collega “indie-folk”, realizzando un album destinato a rappresentare un valido punto di riferimento nel suo genere. Da navigato cantautore folk, il turco-inglese già metà esatta dei Fridge con Kieran Hebden aka Four Tet, mette in atto un’opera di decostruzione mirata al recupero dell’essenza di ogni singolo brano oggetto di cover. Non importa in quale forma queste canzoni siano state originariamente rese note al pubblico, ora gli arrangiamenti ridotti all’osso virano verso sonorità acustiche, si appoggiano su arpeggi di chitarra, fragili note di piano, impalpabili intromissioni elettroniche, sulla voce di Adem capace di reggere qualsiasi confronto, anche quello apparentemente improbabile con assolute regine dei nostri tempi quali Bjork, PJ Harvey e Lisa Germano. Così “Unravel”, “Oh My Lover”, “Slide”, non pagano lo scotto di una reinterpretazione maschile, mantengono carica emotiva, pathos, trasporto, rappresentando le parentesi più toccanti di questo “Takes”. Investite da questo processo di “sottrazione” le dodici tracce ritrovano nuova vita, stravolte fino a divenire irriconoscibili oppure mutuate in alcuni passaggi chiave, il risultato è comunque sempre di pregevole fattura. L’inno idm “To Cure A Weaking Child” (Aphex Twin) e il classico post-rock “Gamera” (Tortoise), cambiano del tutto pelle sotto un tripudio di arpeggi acustici e volteggi folk, mentre parentesi indie-rock come “Bedside Table” (Bedhead), “Hotellounge” (dEUS), “Invisible Man” (Breeders) ripulite da spigolosi innesti chitarristici riappaiono come cristallini bozzetti melodici praticamente perfetti nei loro ritornelli. Come si diceva in apertura realizzare un intero album di cover è progetto non semplice, Adem lo porta a termine con semplicità e stile, mettendo d’accordo, ne siamo sicuri, tutte le “‘componenti’ indirettamente chiamate in causa, dagli artisti ai critici snob passando per quegli assetati squali chiamati fans. | ||||||
|