è difficile non iniziare una recensione sul nuovo disco (il nono in studio) dei Primal Scream con espressioni trite come “venticinque anni di onorata carriera” o simili, quasi quanto è difficile non chiedersi come ci stupiranno questa volta Bobby Gillespie e soci: perchè la band di Glasgow ha sempre amato mischiare le carte e sorprendere ad ogni uscita, esempio lampante la pubblicazione di un disco dal sound classico come “Give Out But Don’t Give Up” dopo l’exploit psichedelico e creativo di “Screamadelica”.
Il nuovo “Beautiful Future” arriva a soli due anni di distanza da “Riot City Blues” e se ne distacca solo in parte sul versante musicale: non abbiamo di fronte gli eccessi chimici ed elettronici del già citato album epocale o di “Vanishing Point” o “XTRMNTR” e neppure il rock vintage degli altri lavori, piuttosto una via di mezzo, molto pop, assolutamente non irrisolta ed anzi matura e coinvolgente in quasi tutti i suoi episodi.
Se il singolo “Can’t Go Back” è un rock’n’roll senza troppe pretese che si lascia ascoltare con piacere senza però sbalordire e che lega stretta la propria inquietudine (emozione predominante in questo album) al testo, ben presto i Primal Scream ci regalano notevoli perle: “Uptown” è la prima in ordine d’incontro, martellante e dubb(i)osa, levigata e quasi glamour nel suo profondo e trascinante scheletro ritmico; “The Glory Of Love” sfoggia una grandiosa interpretazione di Bobby sopra un pezzo brit poco distorto e molto disco. “Suicide Bomb” è forse scontata, ma suona tanto sincera nel suo immaginarsi una specie di hard-rock inedito, tra intrecci e suoni di chitarra noise e un incedere quasi motorizzato.
La vetta del disco è posta verso la fine, ed alza ulteriormente la standard qualitativo del lavoro: si tratta di “Beautiful Summer”, ballatona spettrale e sporcata di elettronica, un pezzo per cui tante nuove leve farebbero carte false o arriverebbero quasi ad uccidere, sicuramente a mutilare. Meritano certamente una citazione anche le collaborazioni dell’album: Josh Homme fa il suo dovere nello sporco garage-rock di “Necro Hex Blues”, mentre non aggiunge nulla la presenza della folk-singer Linda Thompson nella deliziosa, incantata ed appena appena riverberata “Over And Over” (cover dei Fletwood Mac, molto vicina a certe passate elegie come “I’m Coming Down”). Sorprende anche Lovefoxx dei CSS nel tenebroso electro-rock di “I Love To Hurt (You Love To Be Hurt)”, uno di quei pezzi che sembra non aspettare altro che un remixer coi controcazzi lo trasformi a dovere come fece all’epoca un giovane Andrew Weatherall con un pezzo minore del secondo album.
Forse “Beautiful Summer” non entrerà nelle classifiche di fine dicembre, ma posso affermare che continuerà a girare a lungo nei nostri lettori.