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In una tranquilla cittadina del Maine si scatena una furiosa tempesta notturna. Il mattino dopo, mentre si contano i danni, una strana nebbia inizia ad espandersi sopra il paese, dalla montagna dove c’è una base militare in cui si compiono esperimenti di natura ignota. Un campionario vario di cittadini, rimasti senza luce, telefono e collegamenti radio si accalca nello store locale in una classica sindrome da day after. Nessuno è ancora al corrente che non potrà  uscire da lì, ostaggio di un nemico che si nasconde nella nebbia, qualcosa che si muove, striscia, vola e azzanna, che rivendica il diritto di entrare e prendere ciò che più desidera: carne fresca.

Bisogna avvisare che il trailer italiano trae in inganno lo spettatore. Nulla ha a che vedere infatti con pellicole quali “La guerra dei mondi” e “Indipendence day” alle quali viene erroneamente accostata. La creazione di Frank Darabont, 25 milioni di dollari d’ incassi in USA, è qualcosa nettamente differente. Tratto dall’omonimo racconto di Stephen King, presente all’interno della raccolta “Scheletri”, The Mist è una delle migliori uscite horror di quest’anno. Il sodalizio fra il regista americano di origini ungheresi con lo scrittore di Portland risale al debutto di Darabont, con “The Woman in the Room”. Ispirato da un racconto King, che ne cedette i diritti per un dollaro, la realizzarione del corto da vita al sodalizio ventennale. Inoltre, i film che hanno consolidato la sua fama sono legati a romanzi dello stesso King: “Le ali della libertà ” e “Il miglio verde”. Darabont ha rivelato di aver voluto realizzare “The Mist” per vent’anni. L’idea iniziale era quella di girare la pellicola in bianco e nero, come un B movie a basso costo. Per il cast, ha scelto di girare coi protagonisti di The Shield, di cui ha realizzato alcuni episodi, per creare l’effetto realistico e quasi documentaristico del film . Nei panni del protagonista David Drayton, disegnatore di locandine per film (notare la citazione iniziale a Carpenter con il dipinto de “La Cosa”), troviamo un credibile Thomas Jane. A spiccare è però Marcia Gay Harden, nella parte della fondamentalista religiosa Ms. Carmody. Già  premio Oscar nel 2000 per Pollock, l’attrice da vita a un personaggio d’intensità  unica, di una ferocia cruda, andandosi ad inserire superbamente nella collezione di dame folli del miglior King (basti pensare a Misery).

La recitazione e lo svolgersi del plot prendono vita sin dall’inizio attraverso una narrazione dal ritmo serrato, sincopato, con un susseguirsi di colpi di scena e brevi momenti di calma apparente e di umanità . Momenti di vero terrore e sequenze che tolgono il respiro, inchiodandoci letteralmente alla poltrona. Anche l’andamento temporale adotta diverse metriche nel dentro e nel fuori. Se all’interno del supermarket, diventato un rifugio-trappola, lo scorrimento è normale, da lista della spesa quasi, all’esterno il battito al contrario rallenta, i personaggi appaiono come intrisi e bagnati dal peso della foschia, muovendosi come nella neve, e come nei sogni, appesantiti dal buio bianco e cieco della nebbia che cela e cova. Tutto si rimescola quando dentro e fuori si fondono, quando la nebbia per lunghi attimi allunga gli artigli in cerca di cibo. Ma gli artigli spunteranno metaforicamente all’interno dello stesso gruppo umano: con la parola del dio vendicativo del vecchio testamento, la predicatrice folle aizzerà  i bifolchi contro il protagonista e gli altri ancora-normali. Il contrasto tra interni ed esterni è tracciato di netto anche dall’uso che Ronn Schimdt fa delle luci: calde e quotidiane nel supermarket, con momenti addirittura intimi, mentre all’esterno la densità  cala invariabilmente nei toni dell’azzurro polare.

L’intervento della musica è ben dosato. Le composizioni quasi liturgiche di Mark Isham hanno la stessa impalpabilità  della nebbia e con incisività  richiamano le atmosfere da giudizio universale. “The Mist” è una sorta di saggio sulla follia umana, sul disastro provocato dall’uomo stesso che di fronte alle avversità  può rivelarsi una minaccia ancor peggiore. Viene da pensare a Goya, mentre il terrore spiega le sue ali sulle spalle dei protagonisti. Il film ci dice come il sonno della ragione generi mostri, ed il sogno apocalittico e lovecraftiano di Darabont ne genera di ogni tipo e fattura. Il suo horror-zoo comprende infatti molluschi, volatili, aracnidi, con citazioni più o meno dirette ai parassiti di “Alien” e ai terrori preistorici di Spielberg. Ciò che spaventa del mostro è l’imprevedibilità  e la varietà  con la quale esso si presenta e colpisce. Gli effetti speciali che danno vita a queste creature, pur essendo discreti, giocano un ruolo marginale nel crescendo di pathos scatenato dall’empatia che si va creando nello spettatore verso l’eroe atipico incarnato da Thomas Jane. Eroe soprattutto nella sua umanità  vulnerabile e sensibile. Fedele al racconto il film si discosta da esso nel finale, riscritto dal regista stesso, e comunque decisamente approvato da King, amaro e vero come un pugno in bocca. Fastidioso come il ronzio di una zanzara gigante in una notte d’inverno.

Locandina
Titolo originale: Id
Regia: Frank Darabont
Sceneggiatura: Frank Darabont
Fotografia: Ronn Schmidt
Montaggio: Hunter M. Via
Musica: Mark Isham
Interpreti: Thomas Jane, Marcia Gay Harden, Andre Braugher, Laurie Holden, Toby Jones, Jeff De Munn, Frances Sternhagen, William Sadler, Nathan Gamble, Alexa Davalos, Sam Witwer, Chris Owen, Robert Treveiler, David Jensen.
Nazione: USA
Anno: 2007
Durata:127 minuti
Distribuzione: Key Films

TRAILER: