Allora esiste! Ed è qui, ad un passo da noi. è una minaccia? Una speranza? Distruzione o conoscenza? Si chiama Klaatu, emissario alieno, giunto sulla Terra al fine di valutare se concedere, o meno, un’improbabile fiducia nella ragionevolezza umana. “Ultimatum alla Terra”, uscito il 12 dicembre 2008, conta la regia di Scott Derrickson, autore di trascurabili pellicole, almeno sino all’affascinante e discreta direzione di “The Exorcism of Emily Rose” (2005). Si richiede un’opinione sincera e immediata, come se la visione costringesse ad esprimere un parere urgente, anteriore all’inevitabile, ma conseguente analisi critica; così, se solitamente il giudizio viene sottoposto ad una serie di argomentazioni valutative e, solo in conclusione, si approda ad un’idea esaustiva dell’opera, riguardo al titolo in oggetto, appare maggiormente pertinente procedere all’inverso. L’adattamento di Derrickson paga obbligatoriamente il naturale confronto con la versione del 1951 di Robert Wise, considerato un classico del genere di fantascienza; paragone, che lo vede perdere sotto più aspetti. Senza dubbio il concetto negativo è acutizzato da tale accostamento: motivazioni narrative, di resa visiva e intenti comunicativi conducono ad una scelta in favore del film di Wise. Il ruolo di Helen, adesso, ricopre uno spazio, all’interno del racconto, altrettanto importante, modellato però su una superficie temporale maggiore. Lo stesso bambino, dalla trasparente funzione di contorno, piuttosto lineare, sebbene efficace nel contesto, acquisisce sfaccettature psicologiche prima sconosciute. Spostando l’interesse verso la componente visiva, il confronto può risultare fuorviante, a causa di un’opposta esposizione ottica, dovuta soprattutto al percorso tecnologico assimilato negli anni”… ma non solo. Se è vero che appare giustificato e del tutto logico un approccio adeguato alle invenzioni dei processi produttivi, l’esuberante uso degli effetti speciali si rivela talvolta deleterio, non riuscendo quasi mai a infondere l’energia e la forza espressiva che il classico di Wise possedeva, pur essendo privo di accorgimenti tecnici. Il primo “Ultimatum Alla Terra”, in bianco e nero, è caratterizzato da un sistematico controllo, una struttura misurata, che ottiene significato in relazione al periodo in cui è stata realizzata l’opera, ovvero la fase critica della Guerra Fredda, condizionata da altrettanta rigidità e simile quiete, dietro i quali si nasconde l’angoscia del pericolo. La vera rivoluzione cinematografica è stata messa in atto da Wise, attraverso una cronaca architettata, eppure fondata su principi reali, lasciando lo spettatore in balia dell’incertezza, sinonimo di ansia e timore, ancora più marcati dall’antitetica atmosfera sobria del film. |
|||||
TRAILER: |