“Gadamer”. Chiaroscuro notturno, tenebre, immagini morbide ed essenziali che appaiono ai tuoi occhi, umori, ormoni, paesaggio di periferia elettrificato, scarno, vuoto, abisso ancestrale e acerbo, campagna desolata, desolante sensazione d’esserci.
Averti/non averti, vuoto cosmico, stanza presa in affitto e condivisa col nulla, musica tesa, da attesa, l’archetto del violoncello di Zeno Gabaglio disegna tanti piccoli cerchi nell’aria, intanto il fender rhodes crea una nuova tensione, drammatica, sofferente, ti rende isterico.
Battiti, battiti, battiti. Mi abbraccia questo moto ondoso, sferico e mi porta via lontano, techno-trauma d’antan, quando si correva a perdifiato corteggiando i muri della nostra squallida periferia, cuffie nelle orecchie a martellarci le cervella con suoni bastardi. Battiti, e ancora battiti, mini-moog. Il pianoforte di Andrea Manzoni ribadisce un concetto, approfondito dal violoncello elettrico di Gabaglio, è tutto un sussulto, un orgasmo, le dita sulla tastiera sono insofferenti, quel battito è il mio cuore irrequieto, una solitudine estranea al mio corpo sommerge questa stanza, fantasmi del passato invadono il mio spazio, li sento, muovono le loro catene in attesa di essere liberati. Il suono improvviso del violoncello è il lamento del mio animo che ha voluto perdere il suo vecchio amore e che, forse, ha perduto per sempre la gioia di un nuovo atteso amore. Questo è il prezzo della mia ricercata libertà .
Techno. Trasversale potenza del suono, potenziale vittoria del caos sull’ordine, fluttuante melodia futuribile, il libero arbitrio nella creazione sonora.
Orizzonte. Una lettera scritta e non spedita ; una lettera scritta, spedita, letta e non capita. Orizzonte. Una lettera scritta e non spedita adesso giace sulla mia scrivania, una lettera scritta, spedita, letta e non capita non ha sortito l’effetto sperato. Orizzonte, riuscirò a vedere il mio orizzonte? Dov’è il mio orizzonte? Perchè sei così fredda con me? Maledetta voglia di volerti ““ e non poterti ““ parlare, scoppia un cazzo di meteorite in mille detriti, uno di questi mi colpisce al costato, sono solo un cane randagio ferito nella tua notte buia, sono solo una persona con cui conversare quando non hai nulla da fare, non sono nemmeno più il tuo provvisorio rifugio adesso che hai trovato il tuo vero amore.
Calo un sipario su tutta questa storia, mi godo ancora per un po’ la misticità  di questa musica.

Ho voluto scrivere alcune sensazioni estemporanee scaturite dall’ascolto di questo interessante lavoro di Zeno Gabaglio, violoncellista, e Andrea Manzoni, pianista con incursioni nel mondo del Fender Rhodes, del minimoog e dell’organo hammond.
Bagliori musicali eufemistici, istantanei, emergono da questo lavoro meditato e creativo che non deve assolutamente restare nell’ambito degli addetti ai lavori.

L’album è improvvisazione libera, post-rock, ambient, techno, jazz ma, molto probabilmente, non è niente di tutto questo. Non poniamo etichette a questo lavoro, non dobbiamo assolutamente destrutturare un lavoro che va oltre i semplici archetipi della musica.

Cover Album
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Gadamer [Altri Suoni – 2008]
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