Un oceano nero. Uno spazio aperto graffiato labilmente da una manciata di stelle. Penso a Boris seduto sulla veranda della sua dacia nel silenzio siderale. Percepisco il filo sottile che lega uomini distanti in tutto: anni, territori, cultura, fantasie. Sarà la cadenza del respiro o forse le punte della dita gelate ad unirli.
Canzoni americane e poesie russe.
Solo una chitarra dal vuoto scalda l’anima di Joshua Tillman, capelli neri da indiano e barba accennata. Batterista dei giustamente acclamati Fleet Foxes, Tillman non è un novizio delle scene musicali avendo all’attivo già quattro album, senza però essere mai riuscito a pubblicarli fisicamente, poichè venduti solamente in formato digitale. “Vacilando Territory Blues” sarà invece l’atteso debutto su supporto fisico vero e proprio a partire dal gennaio 2009.
”Vacilando” è un disco di granitica malinconia, un monolite di tristezza rimestata tra i denti come un vecchio whiskey bevuto a sorsate rabbiose. Joshua sussurra, non alza mai il tono, pare rimanere impassibile ed imperturbabile in ogni frangente, spegne la luce e la speranza facendo scivolare l’ascoltatore in un abisso nostalgico senza ritorno; si fa aiutare nel suo intento da corni francesi, battiti di mani, batterie discrete, a volte pianoforti, pur rimanendo forte il binomio chitarra-voce.
Tillman cesella così un album intimo, scarnificato fino all’osso, timidamente melodico, dove è preclusa qualsiasi via di salvezza, quasi fosse un languido requiem suonato tra le sterpaglie di un binario morto di una stazione abbandonata. Il fascino che suscita qualsiasi scelta oltranzista ricade tra queste tredici canzoni da ascoltare, se possibile, abbandonati alla quiete gelata di un bosco colto nel suo letargo invernale.
Band Site
MySpace
2. No Occasion
3. Firstborn
4. Vessels
5. James Blues
6. Steel On Steel
7. Laborless Land
8. Barter Blues
9. New Imperial Grand Blues
10. Master’s House
11. Someone With Child
12. Above All Men
13. Vacilando Territory