Quattro anni è durata la genesi del primo dei tre spin-off che saranno tratti dalla saga degli X-Men, dedicato ad uno dei personaggi più amati e noti dal popolo fumettistico, quel Wolverine definito dalla rivista Wizard come il miglior personaggio dei comics di tutti i tempi. Una gestazione lunga e travagliata che ha subito varie riscritture di sceneggiatura ed è stata scossa dall’uscita in rete di una copia pirata un mese prima dell’esordio mondiale sui grandi schermi, diventando emblema della questione sulla pirateria e suscitando polemiche e dibattiti che rischiavano di distogliere l’attenzione sul film. Hugh Jackman, che ha dato anima e volto al supereroe sin dal 2000 dal primo film della serie e che a lui deve il successo, questa volta esordisce anche nella produzione, curando ogni aspetto legato alla pellicola e scegliendo al timone di questo atteso capitolo il regista Gavin Hood, premio Oscar nel 2002 per il toccante “Il Suo Nome E’ Tsotsi”: una scelta azzardata ed inconsueta, data la scarsa conoscenza dell’autore sudafricano con il mondo dei fumetti. La vicenda narra il tumultuoso e drammatico passato di Logan/Wolverine, che precede le vicende degli X-Men, del suo rapporto complesso con il fratello Victor/Sabretooth e dell’esperienza militare legata al progetto dell’Arma X concepito dall’ambiguo colonnello Stryker, in cui sono coinvolti diversi altri celebri mutanti dell’universo Marvel. La prima parte della pellicola è probabilmente la migliore, prologo e carrellata dei titoli di testa introducono perfettamente nel pathos della storia che sin dal principio punta sul tono del dramma con ritmo serrato e deciso. La tensione fin lì accumulata sembra disperdersi successivamente con dosi massicce di azione alla John Woo a discapito dell’introspezione dei personaggi, aspetto privilegiato e primario nella cifra stilistica che caratterizzava i primi due episodi targati Bryan Singer, che era riuscito a donare fascino e mistero al personaggio e dignità artistica al genere, sdoganando definitivamente il filone fumettistico. Le interpretazioni rappresentano uno degli aspetti positivi: Jackman è pressochè perfetto e l’unico immaginabile per il ruolo del mutante spalleggiato questa volta da un superlativo Liev Schreiber nei panni dell’animalesco fratello Victor/Sabretooth, bravo a tal punto che spesso si ha l’impressione che in alcuni tratti gli rubi addirittura la scena. Convincenti sono anche le prove del resto del cast: c’era molta attesa infatti per quanto riguarda l’apparizione di alcuni grossi calibri dell’universo degli X-Men quali lo spadaccino Wade Wilson/Deadpool interpretato da Ryan Reynolds (“Certamente, Forse”), Bradley che ha il potere di controllare l’elettricità da un bravo Dominique Monaghan (“Il Signore Degli Anelli”), John Wraith con il dono del teletrasporto da un credibile Will.I.Am, cantante dei Black Eyed Peas al suo esordio, e soprattutto dal giovane Gambit, amatissimo dai fan e dotato di poteri cinetici straordinari che ha il volto di Taylor Kitsch (“High School Team”) ed a cui sarà probabilmente dedicato un lungometraggio incentrato sul suo personaggio. Il comparto tecnico nonostante i 140 milioni di budget è al di sotto delle aspettative: le scenografie ricostruite in studio non convincono così come gli effetti speciali abbondanti ma non entusiasmanti dal tipico montaggio matrixiano risulta stucchevole in più parti nonostante le intenzioni spettacolari. La sceneggiatura che pur conta della penna autorevole di David Benioff (“La 25esima Ora”) è altalenante nel suo complesso, dando l’impressione di voler mettere troppa carne al fuoco in uno spazio temporale ristretto, peccando di un eccessivo didascalismo che epura quasi completamente il tipico humour di Wolverine, privilegiando una certa drammaticità dal sapore troppo retorico. Gavin Hood svolge il compitino senza infamia e senza lode, dirigendo bene gli attori ma in evidente disagio per quanto riguarda la direzione di un blockbuster movie hollywoodiano ‘giocando con il braccino corto’, per utilizzare una metafora sportiva, e dimostrando come la scelta della sua direzione non sia stata probabilmente la migliore. La sensazione generale è in definitiva quella di un buon film, seppur privo del mordente e della complessità che la materia richiedeva. Wolverine si colloca un gradino più in basso dei precedenti film della saga in attesa del prossimo spin-off dedicato ad un’altra figura imponente dei comics di casa Marvel: Magneto. |
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