Il dibattito sulle etichette, tanto major quanto indipendenti, sul loro peso nella crisi discografica, sul loro ruolo in tempi di internet è lungo, articolato e soprattutto lontano da questa sede. Un elemento da aggiungere a ragionamenti e riflessioni salta però fuori inevitabile guardando a “Reservoir”, album d’esordio per i Fanfarlo. Di questi cinque londinesi si parla con insistenza da ormai almeno un paio d’anni. Hanno pubblicato una serie di singoli accolti puntualmente con grandi elogi edentusiasmo , hanno alle spalle una lunga lista di concerti, con tour importanti e prestigiose puntate statunitensi, hanno raccolto una schiera numerosa (e crescente) di fan che fino ad oggi ha atteso impaziente il debutto del gruppo sulla lunga distanza.
Si guarda a tutto questo e poi si guarda a “Reservoir”, uscito autoprodotto in una confezione essenziale (ma anche economica, con 10 sterline ve lo portate a casa), e qualcosa sembra non tornare. Se siano i Fanfarlo ad avere pretese eccessive di integrità artistica o la discografia più o meno indipendente ad essere troppo prudente (per non dire miope) non è dato sapere. La sorpresa però rimane. Una pezza a questo “buco discografico” la mette ora la Rough Trade, con l’annuncio di un’edizione limitata di “Reservoir”: solo 500 copie, ma con un packaging di prestigio, degno di quella che è ad oggi una delle uscite migliori della stagione.
Basta un ascolto veloce, anche distratto, alle undici tracce in scaletta per rendersene conto, per capire di essere davanti a qualcosa di serio: non l’ennesimo gruppo usa-e-getta, ma una band di talento, che ha parecchie cose da dire e che ha appena iniziato a dirle. Il primo nome da fare, associazione d’idee immediata, è Arcade Fire . L’idea di pop orchestrale attraversa tutto l’album, sostenuta dalla presenza forte di tromba e violino e rafforzata dalla voce calda di SimonBalthazar (inglese d’adozione, di origini svedesi). E quello che non manca mai è l’immediatezza, inseguita e trovata tanto nei momenti più scorrevoli (“The Walls Are Coming Down”) che in quelli più tranquilli (l’iniziale “I’m A Pilot”, ma anche la ballata soffusa “If It Is Growing”).
Per chi segue già da qualche tempo il nome Fanfarlo non serve spendere troppe parole d’elogio guardando alla saltellante “Harold T. Wilkins” o alla splendida “Fire Escape”, decorata con un tocco sintetico che omaggia i Grandaddy, entrambe già pubblicate come singoli su sette pollici. “Luna” può sorprendere invece anche i fan più devoti per la decisione con cui si getta suldancefloor senza rischiare di perdere coerenza o equilibrio, cullando l’esuberanza d’apertura con il valzer ondeggiante che riempie il finale.
The National e Okkervil River sono altri due nomi che sembra impossibile non citare, soprattutto dopo aver ascoltato “Drowning Man” e i crescendo incalzanti di “Ghosts” e “Finish Line”. Ma i Fanfarlo sono davvero ben oltre la somma delle influenze e dei nomi che vengono in mente, “Reservoir” lo dimostra molto bene. Questo esordio racconta con chiarezza estrema di una band a cui non manca il talento: un gruppo capace di costruire orchestrazioni pop articolate e immediate allo stesso tempo, da portare di volta in volta in direzioni diverse. E conoscendo i Fanfarlo, le strade rimaste da esplorare sono ancora molte.
2. Ghosts
3. Luna
4. Comets
5. Fire Escape
6. The Walls Are Coming Down
7. Drowning Men
8. If It Is Growing
9. Harold T. Wilkins, Or How To Wait For A Very Long Time
10. Finish Line
11. Good Morning Midnight