Boxcutter
Arecibo Message

Avevamo speso larghe lodi per l’irlandese Barry Lynn, talentuoso giovane producer tra i migliori (e di più ampi orizzonti) del giro dubstep, al tempo del suo precedente album a nome Boxcutter e ora che siamo di fronte ad una nuova fatica, è con rinnovato piacere che ve ne parliamo.
è un’accoglienza raffinata e muscolosa quella che ci offre l’iniziale “Sidetrack” col suo ingannevole substrato soul alla Burial che si svela sopra affilate stilettate ritmiche; “Mya Rave v2” è invece una cascata di suoni stordente per poi esplodere in liberatorie saturazioni dubstep. Ne eravamo convinti due anni fa e lo siamo tuttora: con Boxcutter è sempre un’esperienza ai limiti della schizofrenia, e lo dimostrano le schegge acid infilate con disturbante sagacia nella filigrana esotica di “BSpacebass”, ma rispetto alla volta precedente hic et nunc il genio del nostro si dimostra leggermente meno coeso. Non c’è l’armonia, spesso psicotropa, che contrassegnava “Glyphic”, ma una ricercata aggressività  che spinge i suoni a creare contrasti, a sfidarsi e affrontare l’ascoltatore senza accondiscendenza.

Non portino in inganno episodi dal sapore sinteticamente ambientale e neppure il perlaceo e destrutturato soul della bellissima “A Familiar Sound” (esperimento che ricorda assai i mai dimenticati Super_Collider), perchè il gioco è di quelli pericolosi e la minacciosa elettronica, crudelmente infantile e sghemba, di “Free House Acid” è qui a dimostrarlo.
Seguono intermezzi tra la jungle e il dubstep debitori dei vari progetti e stili di Luke Vibert come “Sideral Day” o la psichedelica e meravigliosa “Otherside Remix (Earth Is My Spaceship)” in cui ritornano pure le rimembranze giamaicane più tradizionali e ancestrali. “Lamp Post Funk” declina sapientemente electro-funk distorto ed anfetaminico, mentre la chiusura è affidata alle atmosfere più rilassate e quasi gioiose di una “A Cosmic Parent” che è perfetto mix di instanze funky ed elettronica spaziale.

“Arecibo Messagge” non raddoppia completamente lo spettacolo dell’opera precedente, ma affondando le mani nel vischioso sound ormai marchio di fabbrica riesce comunque a garantire quasi un’ora di ottima musica, ora più meditativa ora più fisica, sempre terribilmente contemporanea e graffiante.

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• Recensione “GLYPHIC”