Quando li ho visti dal vivo l’estate scorsa in Svezia, sul palco piccolo del festival di Emmaboda, i Lacrosse sono stati una folgorazione. Non tanto perchè non li conoscessi, anzi il loro album d’esordio “This New Year Will Be For You And Me” l’avevo ascoltato a lungo e sempre con piacere. Nemmeno, del resto, perchè la proposta musicale dei Lacrosse sia particolarmente originale, innovativa o sorprendente. Si parla di indie pop: una voce femminile caramellosa, anche se insolitamente decisa, e una maschile più bassa e barbuta, circondate da chitarre, piccole tastiere, glokenspiel e tutto il resto del consueto armamentario colorato e corale che la Svezia ha cullato in molti e molti casi negli ultimi anni, regalando più di una manciata di band sorprendenti. In questo filone i Lacrosse sono entrati senza passare dal via.
Assistere a una loro prova dal vivo però ha cambiato con decisione la prospettiva. Intendiamoci, le melodie e le canzoni restavano quelle: contagiose, solari, velate qua e là da quella punta di malinconia che sempre accompagna il pop più genuino. L’approccio però superava a falcate larghe la semplicità e la linearità registrate su disco. L’impatto sul palco della band svedese era in tutto e per tutto rock: deciso, compatto, persino, sembra strano dirlo, rumoroso. Mi aspettavo una band riservata, circondata magari da un’ingenuità un po’ naà¯f, ma sono stato investito dall’onda d’urto di un indie pop lasciato libero da ogni recinto, energico, pieno di forza. Rock.
Tutto questo per raccontare la differenza fondamentale tra il disco d’esordio dei Lacrosse e questo nuovo “Bandages For The Heart”: scompaiono la leggerezza, la timidezza e magari anche le incertezze di produzione, per fare posto al lato più vero e vivace della band svedese, ad un ritratto che, grazie anche alla produzione di Jari Haapalainen (già al lavoro con The Concretes e Camera Obscura), si avvicina con cura decisamente maggiore al suo travolgente approccio live.
Si capisce tutto già dalla prima traccia, “We Are Kids”, scelta anche come singolo di lancio del disco. Un giro di basso implacabile nella sua semplicità , un incedere deciso, quasi marziale, che trascina con sè giochi sintetici, un riff contagioso fatto di tre note di chitarra e la doppia voce, maschile e femminile, fino al trascinante finale, quando tutti gli ingredienti si ritrovano a suonare insieme, ognuno al suo posto.
Discorsi simili, indie pop compatto e deciso, si possono fare anche per “I See A Brightness” e “My Stop”: ancora chitarre, tastiere e voci che montano su una base ritmica coinvolgente prima e trascinante nel veloce crescendo finale. Simile anche “It’s Always Sunday Around Here”, che spinge però la dirompenza pop fino a sfociare prepotente nel rock, con le chitarre a farla da padrone, l’intreccio di suoni e voci rutilante e irresistibile.
Un tratto rock che è l’anima più dura dei Lacrosse, e si fa sentire con forza: nel walzer elettrico “All The Little Things That You Do”, ad esempio, o nella percussiva “You Are Blind” (il ritornello, A penny for your thoughts and a million for your love, è forse il momento più contagioso del disco). Sull’altro lato della medaglia, per ricomporre gli equilibri, le ballate. Anche qui però, eccezion fatta per la soffusa titletrack, non scompare quell’urgenza quasi rabbiosa che trova sfogo sul fondo delle canzoni. Lo si trova tanto nella marcia speranzosa “Song In The Morning” quanto nella colpevole “Excuses, Excuses”. E anche il finale, “What’s Wrong With Love?”, non fa eccezione: il crescendo dissonante che sembra voler spiegare l’intero album con la ripetizione di quelle domande senza risposta. What’s wrong with love? / What’s wrong with scaring too much / To tell someone you’re in love?
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2. You Are Blind
3. All The Little Things That You Do
4. Bandages For The Heart
5. I See A Brightness
6. It’s Always Sunday Around Here
7. Song In The Morning
8. My Stop
9. Come Back Song #1
10. Excuses, Excuses
11. What’s Wrong With Love?