‘The Hangover’ è un’espressione anglofona usata per indicare i postumi di una sbornia: in questo caso, è il titolo originale del film, e rende esattamente l’idea del lavoro del talentuoso Todd Phillips, astro nascente della nuova commedia hollywoodiana (già autore di cult del genere come Road Trip, Old School e Starsky & Hutch), che questa volta narra le peripezie di un gruppo di amici intenti a festeggiare il classico bachelor party nella folle città di Las Vegas
, la metropoli dalle mille luci, scenario di avventure deliranti e indimenticabili ebbre di alcol e droghe, ma in questo caso rapidamente dimenticate: perchè Alan (Zach Galifianakis), il genero dello sposo, mischia nelle bevande del gruppo alcune pasticche di roipnol ““ la cosiddetta droga dello stupro ““ scambiandola per ecstasy, che cancella ogni loro ricordo della serata precedente. Si sveglieranno infatti, nella loro suite del Caesar’s Palace devastata, con galline che gironzolano per l’appartamento, una tigre nel bagno, un bebè nell’armadio e lo sposo scomparso il giorno prima delle nozze.
Tra denti mancanti, matrimoni con spogliarelliste, piccoli boss cinesi e perfino un Mike Tyson imbufalito, Alan, Stuart (Ed Helmes) e Phil (Bradley Cooper) dovranno tentare di ricordare gli avvenimenti dell’addio al celibato e trovare Doug (Justin Bartha) per portarlo in tempo all’altare. La nuova commedia americana balza in vetta al box office degli Stati Uniti con incassi record (il sequel è già in programma), e sta riscontrando un discreto successo anche da noi.
Rinvigorita ed aggiornata, è tornata in auge grazie a giovani autori del calibro di Judd Apatow e la sua factory, ed anche il genio punk-pop di Phillips si sta ritagliando un ruolo importante all’interno del genere. In questo caso, lo fa maneggiando un classico dell’immaginario demenziale, rappresentato dalla città dei peccati del Nevada che insolitamente ci appare nel suo splendore diurno, innestando le vicende tragicomiche ed improbabili in un meccanismo messo a punto perfettamente dai tempi comici, che ricompone l’accaduto come un puzzle surreale ed irresistibilmente divertente.
Politicamente scorretto ma mai volgare, il film si regge sulle gag paradossali e parossistiche lasciando alla sceneggiatura il compito di reggere il flebile canovaccio e di renderlo all’alone di mistero che circonda la notte di bagordi: enigma che si dipanerà solamente alla fine, nei titoli di coda assolutamente imperdibili.