(Do) We love the Bloody Beetroots (?)
Per il grande pubblico, per chi non si sia mai avvicinato a roba del genere, questo atteso-ignorato debut LP dei The Bloody Beetroots – tamarrissimo (nel senso buono) duo di Bassano del Grappa che ormai da più di due anni rompe i timpani (si spera sempre e solo quelli) nei club di mezzo mondo – potrebbe essere una sorpresa bestiale: il Jus” ice italiano, il Daft Punk ancor più daft e (soprattutto) punk, il culto estremo del sidechain. Ma molti non sono (e non vogliono essere) il grande pubblico e ahimè questo “Romborama”, è forse quello che ci si aspettava dai nostri due folli uomini mascherati, che sembrano ultimamente attraversare una vera e propria crisi interna del loro suono. Se nel proporre singoli pompatissimi da urlo i nostri riescono a stupirci e rapirci, nella versione full-lenght risultano alquanto poco convincenti e ripetitivi. Il disco si presenta inoltre quasi in ritardo con i tempi, che nell’era della ‘blog music’, assistiamo a una continua evoluzione di stili, tra quotidiane scoperte di giovani talenti e una ricerca sonora (soprattutto nell’ambito elettronico-danceable) senza fine. Insomma forse questo sidechain ha stufato un po’?
Certo non voglio maltrattare così esageratamente questo album che pur rimane 1) l’urlo disperato di una scena musicale -made in italy- sotterranea (tanto bistrattata, ignorata o sottovalutata dalla critica, soprattutto italiana) e 2) un buon modo per avvicinarsi ai Bloody Beetroots, anche perchè il disco è per metà una sorta di raccolta.
Percorrendo la tracklist, molto lunga, con ben 22 brani, anche solo riferendoci agli inediti, di certo non tutto è da scartare: la simpatica “Have Mercy On Us” feat. Cècile (talentuoso veneziano daft punkiano, che ha partecipato tral’altro al Sonar Festival 2009) così tanto Mozart che fa noise in chiave electro house, oppure “Storm” che ricorda molto l’ultimo Mr. Oizo, passando per la wobbly-trance-house di “It’s better a DJ on 2 turntables” e infine la dolce natalizia marcia di “Little Stars”.
Poi ci sono le vecchie glorie, come dicevamo sopra, e sono quelle che han fatto i Bloody Beetroots grandi, e sicuramente per merito: prima tra tutte “I Love the Bloody Beetroots” che è l’emblema di tutto ciò e per seconde le più recenti “Cornelius” e “Warp 1,9”.
Il resto dell’album si manifesta o sottoforma di auto-plagio (“Romborama”, “Talkin in my sleep”, “Yeyo”) o in tentativi electro-pop e iper-televisivo (“Awesome” e la sua versione Marracash “Come La”, oppure la vocoder-kitsch “2nd Streets Have No Name”).
Molti direbbero che non si poteva pretendere e aspettarsi troppo, ma forse è proprio questo il problema: forse il difetto di noi italiani è che non ci prendiamo troppo sul serio o probabilmente lo facciamo male. Mi chiedo perchè artisti della stessa taglia riescono a farlo (Zombie Nation, Tiga, Surkin, lo stesso Boys Noize o Mr. Oizo) e noi non possiamo? Forse è solo questione di tempo, intanto il tifo da nazionale lo facciamo lo stesso, sempre di azzurri parliamo.
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2. Have Mercy On Us
3. Storm
4. Awesome
5. Cornelius
6. It’s Better A DJ On 2 Turntables
7. Talkin’ In My Sleep
8. Second Streets Have No Name
9. Butter
10. Warp 1.9
11. Ffa 1985
12. Theolonius (King Voodoo)
13. Yeyo
14. Little Stars
17. Warp 7.7
18. Make Me Blank
19. House n °84
20. Mother
21. I Love The Bloody Beetroots
22. Come La