Le 5 e 40 di mattina e 2881 chilometri dopo, Manhattan e la Grand Central Station sembrano una storiella da raccontare ai bambini prima di andare al letto. Immagina: il tuo vecchio pigia tabacco nella pipa seduto sulla veranda, davanti un mare di grano talmente grande da far sembrare il cielo una pozzanghera. Sali le scale cigolanti e mentre scivoli sotto la morbida pressione delle coperte, chiudi gli occhi accompagnato dalle voci attutite dei tuoi al piano di sotto. E sogni, quella città sull’acqua, le luci e i grattacieli, le strade con diecimila facce e colori diversi e i ponti sospesi sul nulla.
Prendi due interi stati Iowa e Nebraska, due macrocosmi di statali e distese di grano con a metà Omaha come una capocchia di spillo da qualche parte in mezzo all’America. E non crederai più a niente di quello che hai mai conosciuto. Non ci sarà più niente di vero tranne le facce e le storie della gente. Accennate in conversazioni casuali al bancone di un diner polveroso, mute incrociate in uno sguardo passeggero, ascoltate senza volto dai sedili più indietro di un bus.
Indolenzito sul sedile, più che seduto mi sento un uomo spezzato, in due. Le pulsazioni basse del motore insieme al suono sordo di sei ruote sull’asfalto da un migliaio di chilometri hanno iniziato a ricordarmi qualcosa come il roco respiro del mare. E probabilmente sono in uno dei punti sul pianeta più lontani dal mare. Eppure a tratti quando cado addormentato con la testa piegata su una spalla, credo di essere su una nave. Riesco perfino a sentire il vento umido e l’odore salmastro.
Il mio compagno di viaggio dorme, respiro regolare. A gomiti larghi il braccio tatuato e le mani sul grande volante, in quella luce azzurrina poco prima del sorgere del sole la macchia gialla del neon sopra la postazione dell’autista mi sembra l’unica fonte di calore. L’unica cosa viva mentre tutti i passeggeri dormono immobili, sagome scontornate nel buio dai fari di qualche automobile.
Passo la mano sul vetro mezzo appannato, e in un arcobaleno gocciolante come una ferita vedo le montagne rocciose staccarsi verticali da quasi 3mila chilometri di pianura, spigolose come ritagliate a forbici sul cielo azzurro elettrico dell’alba.
E’ quando non sai bene dove sei che inizi a chiederti chi sei. O a capire chi sei. Infilo a difficoltà le mani nelle tasche dei jeans. Ci trovo 14mila storie ficcate in fondo, a volte così in fondo, che cerco quelle giuste e le sento grattare sui polpastrelli, ma proprio non ci riesco a tirarle fuori. A volte sono così stropicciate. Schiacciate l’una con l’altra che inizio a confonderle e non so capire dove iniziano e dove finiscono. Ogni storia è una faccia, e ne vedo parecchie, tutte tranne quella riflessa sul finestrino. Forse perchè la mia di faccia è proprio questo: un mosaico. Di tutte le facce che ho incontrato, di tutte le storie, di tutti gli spazi tra un posto e l’altro, di tutti i silenzi tra una parola. E l’altra.
Ogni tanto mi sembra di averla la storia giusta ma quando viene fuori mi accorgo che no, non è quella che volevo. E in quel bus sparato in mezzo a tutto, qualcuno avrebbe detto il nulla ma a me sembra esattamente il contrario, sento intorno tutto muoversi con me, il sole sorgere, la terra girare e la luna in orbita ed è come se qualcosa ovunque si stesse rompendo adesso. E non sono più sicuro di niente. Se non di essere vivo. E non è poco.
Dieci anni e sono qui seduto al computer con questa manciata di nuove canzoni dei Lucero, e una cosa fondamentale l’ho capita. Nessuno racconterà mai meglio di così tutte quelle strade, quelle facce e quelle storie dell’ America. Perchè la verità e ovunque e da nessuna parte, e devi muoverti sempre se vuoi riuscire a scorgerne anche solo un pezzetto. E’ un buon allenamento alla vita, perdere qualcosa per trovarne qualcun’altra. La domanda è: cosa e quanto hai intenzione di perdere? “What Are You Willing To Lose” brano che già girava da un po in versione acustica, rinasce in una tirata versione elettrica con una sezione fiati da far paura e si trasforma in un inno come solo Springsteen avrebbe potuto scrivere. E si piazza nella discografia di Ben Nichols e soci come un monumento, dovuto e necessario, a loro stessi.
I Lucero sono e rimarranno un gruppo che non ha bisogno di sperimentazioni, senza togliere che in undici anni di attività hanno mostrato un evoluzione stilistica costante anche solo passando da un disco all’altro se pensiamo ai debutti semiacustici. Ma mai per mezzo secondo Nichols, voce e parole della band di Memphis, si è sognato di raccontare qualcos’altro che non fossero storie di polvere e statali.
La prova si chiama “Goodbye Again” una ballata soul semplicemente da brivido che i nostri portavano in giro da dieci anni buoni come demo. Senza fretta arriva alle stampe solo oggi su questo “1372 Overton Park”, perchè come certo whiskey doveva maturare, perchè i jeans diventano più belli quando scoloriscono, perchè ci vuole tempo per trovare se stessi. E solo oggi con il piano di Rick Steff arrivato nel 2006 e quella sezione fiati che rimarrà il tratto distintivo di questo nuovo album, raggiunge la perfezione. E non resta che sedersi e ascoltare.
“1372 Overton Park” è il rock più autentico, southern rock se vogliamo considerare l’eredità del country e del blues ma con quell’attitudine punk che i Lucero hanno sempre avuto, che in questi disgraziati tempi di musica preconfezionata potrà mai capitarvi. Lontani secoli dalle pose delle di MTV basterebbe avere sotto occhio il loro calendario dei tour per rendersi conto che in dieci anni questi ragazzi non si sono mai fermati. Alla strada hanno dato tutto e dalla strada hanno preso tutto. E se le loro storie sono diventante le loro canzoni, o le loro canzoni le loro storie non ha davvero alcuna importanza.
Sarebbe una buona domanda per Ben Nichols, seduti ad un bancone di un bar di periferia di quelli con le scritte di neon colorati proprio sopra le bottiglie. Probabilmente mi darebbe un occhiata di traverso. E poi si farebbe una risata. Una bella risata.
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2. What Are You Willing To Lose
3. Sounds Of The City
4. Can’t Feel A Thing
5. The Devil And Maggie Chascarillo
6. Sixes And Sevens
7. Goodbye Again
8. Johnny Davis
9. Darken My Door
10. Halfway Wrong
11. Hey Darlin’ Do You Gamble?
12. Mom