So benissimo di sbagliare ma dico comunque che dei Pissed Jeans non sentivamo di certo il bisogno. L’autunno del 2009 iniziò fin da subito con pioggia e un freddo piu’ umido del solito. Sapevamo che non avremmo avuto vita facile tra baveri alzati e pozze di olio di motore, detersivo e acido lungo la strada eppure ce l’avevamo messa tutta per dimenticare un’estate che ci si era appiccicata addosso con l’ardore sudato dell’entusiasmo privo di senso e affogato nella noia dei sonni della politica, delle calamità e delle finte epidemie.
“King Of Jeans” ci riporta alla realtà , è vero. L’impatto è nudo, crudo, freddo e schiacciato tra una vertebra e il respiro angolare di brani che o elogi o dimentichi in fretta. Si scatena la memoria e risalgono a galla i losangeleni The Bronx dell’esordio o financo i Poison Idea di un qualsiasi album riuscito bene.
La storia è stata già scritta e il finale lo conosciamo già : i Pissed Jeans non mangeranno il panettone nel nostro lettore CD. La ragione non la so perchè di musica me ne intendo quanto basta e quindi per favore non fate domande, ma se riuscite a non farvi prendere dai facili entusiasmi che irreggimentano la stampa mondiale che vede in un album del genere del “‘post-hardcore’ o persino del ‘noise’ allora avrete dinanzi a voi un buon prodotto ma la cosa finisce comunque lì.
C’è del sano punk o un proto-sludge alla Tad, un pizzico di questo e un’oncia di quello ma ciò che manca è proprio il tocco personale, la voglia di approfondire il legame col passato adattandolo alle influenze del presente. Paradossalmente i Pissed Jeans sarebbero piu’ digeribili e al passo coi tempi se a produrli fosse un grande vecchio come Steve Albini che ne saprebbe lacerare i ricordi sotto una produzione dal taglio crudo e dunque spoglio e maggiormente intimista.
Se di evoluzione da “Hope For Men” possiamo parlare è principalmente grazie al fatto che c’è una maturità piu’ consapevole nei testi: Mat Korvette fa i conti con l’età , con i capelli (quelli che restano), le sere passate a casa e la banalità della routine, lo spettro della noia dietro l’angolo e le ansie che tutti conosciamo. In “King Of Jeans” c’è forse una maggiore attenzione nei confronti della melodia (anche questo segno intrinseco del tempo che passa ?) ma il fenomeno si era comunque andato palesando nell’arco degli album precedenti. Se la carica a salve di “Shallow” aveva infatti aperto la via ad una rabbia grossolana e tipicamente adolescenziale, “Hope For Men” le aveva dato un significato, una spinta importante verso i canali del conformismo (ce n’è uno anche per i ribelli, che credete !) che “King Of Jeans” ha il merito di sdoganare e rendere fruibile ai più.
Ecco dunque che “Dream Smotherer” ha un’aura catchy come solo un rantolo sludge può avere, “She Is Science Fiction” è il brano pop che i Sonic Youth non sarebbero (per fortuna) mai capaci di scrivere mentre “Human Upskirt” è un invito all’headbanging piu’ primitivo e genuino.
Il prossimo passo lo possiamo solo immaginare ma per quello che si è sentito finora i Pissed Jeans non fanno rimpiangere gli attriti rabbiosi degli esordi e ciò che sono nel 2009 è pura derivazione rivisitata e corretta da un manipolo di uomini della classe proletaria di un buco nero come Allentown, Pennsylvania.
Siete mai stati ad Allentown? Cosa non farebbe la gente per fuggire dall’ombra del palazzo del PPL lo sanno solo i Pissed Jeans e in questo album banale, urlato, pacatamente violento ve lo raccontano.
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2. Half Idiot
3. Dream Smotherer
4. Pleasure Race
5. She Is Science Fiction
6. Request for Masseuese
7. Human Upskirt
8. Lip Ring
9. Spent
10. R-Rated Movie
11. Dominate Yourself
12. Goodbye (Hair)