Appena messo piede ai Magazzini Generali, un venerdì sera di metà ottobre, l’impressione è quella di trovarsi al momento giusto nel posto giusto, nel luogo di un piccolo evento mediatico costruito ad arte per l’unica data italiana della signorina Florence Welch, 23enne in tour con il suo gruppo, i Machine, per promuovere il primo album “Lungs” di recente uscita. Target dell’avvenimento: un pubblico giovane ed agguerrito.
All’interno del locale infatti sono circondato da nugoli di ragazzine in prevalenza inglesi, tutte in tenuta curata e ricercata, sbarazzina e provocatoria, come tante piccole Florence, che hanno mandato a memoria le ‘mise’ della loro amata consumando i video che con attenta strategia il marketing discografico ha scaraventato nel web per mesi, per promuovere disco e tour. Gioco facile per i signori della Islands, visto l’effettivo valore della cantante e delle canzoni del gruppo, immediate e fresche, realmente diverse da quanto le classifiche pop di questi ultimi anni hanno continuato a presentare.
L’impressione che mi ero fatto del disco, però, è confermata dalla serata: l’artista c’è. Eccome. Lo dimostra esibendo con sicurezza una voce potente e ferma, calda e duttile, tenendo il palco come difficilmente capita di vedere in una giovane cantante alla prima esperienza discografica e al primo tour conseguente. Un po’ meno il gruppo, forse, abbastanza anonimo e a tratti lanciato con enfasi addirittura fastidiosa su alcuni pezzi. Su tutto, a mio avviso, una invadente presenza di tastiere che appesantisce la maggior parte dei brani, uniformando purtroppo i toni di canzoni diverse per struttura e riferimenti.
Il concerto, preceduto dall’esibizione di un gruppo italiano per qualche aspetto interessante, i Joux Joux D’Antan, inizia in orario quasi d’aperitivo, come è ormai prassi per il locale in questione, per chiudere presto la prima parte della serata e lasciare subito dopo il posto alla discoteca, probabilmente ben più redditizia. Il palco presenta al centro un grosso tamburo, utilizzato da Florence in maniera prevalentemente scenografica, picchiato il più delle volte selvaggiamente e con l’intenzione di provocare una reazione dal pubblico, e una grossa arpa, il cui suono risalta di tanto in tanto, nelle introduzioni dei pezzi e nei momenti più distesi dello show. I due strumenti, assieme a tre lanterne accese ai lati del palco, costruivano la scena e cercavano di creare un’atmosfera appena più raccolta.
In realtà , come le grida delle teenagers delle prime file hanno fatto subito capire, si tratta di uno spettacolo niente affatto intimo, carico invece di tutte le aspettative che, giustamente, un pubblico giovane ha, rispetto ad una serata di questo tipo e con un’artista con questo potenziale commerciale. Ben vengano allora tutti i successi riproposti con fedeltà dalla cantante, così come gli inviti rivolti al pubblico a cantare e battere le mani, a partecipare assieme a lei a questo evento, con punte di coinvolgimento e trasporto in “A Kiss With A Fist”, “Dog Days Are Over” e la conclusiva “You’ve Got The Love”. A metà concerto, per riprendere fiato e recuperare energie prima dell’incandescente finale, un paio di brani eseguiti acustici, per voce e chitarra, evidenzia ancora una volta la bellezza della voce della cantante, finalmente unica protagonista del pezzo proposto.
L’impressione, quindi, è stata quella di avere assistito ad un evento creato artificiosamente dalla promozione discografica, che ha spinto in modo esagerato un’artista che nella sostanza merita, ma che sicuramente necessita di tempo per arricchire il proprio repertorio, per crescere con esperienze necessarie e legittime, per trovare una strada personale e propria, diversa dallo standard pop commerciale e radiofonico da classifica che purtroppo sembra in parte avere prevalso nel concerto e anche nella produzione del disco d’esordio, specie se confrontato con un paio di ep usciti in precedenza e recuperabili in rete, nei quali alcune delle canzoni presenti nel disco risultano arrangiate forse in modo più artigianale, ma sicuramente anche più personale e coinvolgente.
Speriamo allora che Florence sappia tenere testa ad una industria discografica che si dipinge agonizzante, ora come non mai alla ricerca spasmodica di personaggi capaci di reggere sia in studio che sul palco, come sicuramente lei è in grado di fare, ma incapace di trattenersi per rispettare i tempi e le attitudini proprie dell’artista al centro delle loro attenzioni .