Dedicato a Enrico “Sachiel” Amendola
B: Paolo, i Black Merda sono tornati!
P: Chi?!?
B: I Black Merda!
P: Quelli di Detroit?
B: Sì
P: Quelli che fondevano Muddy Waters, Howlin’ Wolf, Jimi Hendrix ed i Funkadelic in una miscela allucinata di suoni e visioni lisergiche?
B: Esattamente
P: Oh cazzo e quando?
B: Da un po’ di mesi, Marzo 2009, per l’esattezza
P: Baro’, ho paura. Molta paura.
Niente panico ragazzi, le pantere tornano a ruggire, anche se imbiancate, con calvizie incipiente ed acciacchi vari. Sì, perchè questo nuovo disco targato Vampisoul è una bomba ad orologeria, un singulto funk, blues, rock e chi più ne ha più ne metta. Il tempo non ha per nulla scalfito la loro energia, da quando nel lontano 1967 registravano il loro primo meraviglioso disco, sconvolgendo il mondo intero con la loro miscela allucinata di Hendrix, Howlin’ Wolf e Funk carnale, di fatto anticipando di ben quattro anni la vis polemica di Sly and the Family Stone ed il loro attacco all’America imperialista e razzista denominato “There’s a Riot goin’ on”, divenendo un gruppo di culto, talmente di culto da scomparire quasi nell’anonimato, fino a che la benemerita Lilith non rimette sul mercato nel 2006 il capolavoro black di cui sopra che porta il loro nome e che fa vibrare chi ama la vera musica.
Anche se ormai il grandissimo batterista Tyrone Hite non c’è più dal 2004, i fratelli Anthony and Charles Hawkins insieme al bassista Vic Veasey decidono di continuare, Dio li benedica. Chissà cosa avranno pensato i Red Hot Chili Peppers ascoltando le splendide tracce d’apertura “Can’t Get Enough Of The Funk” e “Let Go” o l’intensa ballad pregna di groove che risponde al nome di “18 for 20 Year”? I potenti della terra se la saranno fatta addosso ascoltando l’attacco al fulmicotone di “Stop the War”, perchè sì, sono vecchi, ma non fateli incazzare. I magnifici tre si alternano alla voce solista affiancati dagli straordinari Terry “Thunder” Hughley alla batteria, Bobby Smith alle congas e Robert Jones alle tastiere, lasciando da parte I viaggi psichedelici nella “Electric Ladyland” di Hendrixiana memoria, continuando da dove erano stati interrotti, cioè dalle mirabili scudisciate funk di “Long Burn the Fire”, secondo disco dell’ex quartetto, datato 1972 e foriero di musica carnale nella migliore tradizione Funkadelic e Parliament del fratello George Clinton, nonchè dal dignitoso “Renaissance” di tre anni fa.
Difficile non dimenare il bacino dinanzi al blues-funk di “Miss Hawkins’ House” o gli impeti soul circa Booker T & the Mg’s di “My Inspiration”, nonchè l’irrequietezza dei migliori Parliament di “Take A Little Time”. Come si fa a non andare in brodo di giuggiole dinanzi all’intensa ballata “Beautiful Thing” che chiude il disco? Il pensiero va inevitabilmente a Tyron Hite, l’indimenticabile compagno di viaggi che li starà scrutando con commozione da lassù, sottobraccio a Jimi Hendrix, annuendo con stentorea ammirazione e plaudendo con calore all’ottimo lavoro svolto dai suoi amici. Almeno così ci piace pensare.
Bentornati ragazzi, Get Up the Funk!
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2. Let Go
3. Maintain
4. Stop The War
5. 18 For 20 Years
6. Miss Hawkins’ House
7. My Inspiration
8. The Solution
9. Take A Little Time
10. I’m Not Coming Back
11. Get On The Same Road
12. Beautiful Thing