VINCITORI CONTEST:
1 T-SHIRTS ARCTIC MONKEYS —> leonix
1 T-SHIRTS ARCTINC MONKEYS —> Claudia Tosti
CD ANIMAL COLLECTIVE – “MERRIWEATHER POST PAVILLION” —> marc_antony
CD THE HORRORS – “PRIMAL COLOURS” —> Antonello Grossi
CD FRUIT BATS – “THE RUMINANT BAND” —> munich
CD FRANZ FERDINAND – “ULYSSES EP” —> Valeria Piazza
CD IL TEATRO DEGLI ORRORI – “DELL’IMPERO DELLE TENEBRE” —> Lucariello
CD JULIAN PLENTI “JULIAN PLENTI IS…SKYSCRAPER ” —> Sara Manini
#10) Il Teatro Degli Orrori A Sangue Freddo [La Tempesta] Alcuni potrebbero ravvedere in queste canzoni un certo populismo e un’attitudine pateticamente ribelle. Il fatto è che non si tratta di una band politicizzata. L’atteggiamento del Teatro degli Orrori è quello di una persona o di un gruppo di persone che semplicemente rimangono ogni giorno sgomente dinnanzi ad una realtà avversa e grottescamente violenta, contro la quale l’unica scelta è la lotta non tanto dell’Intelletto quanto dello Spirito, uno Spirito che comunque accetta la propria, in un certo senso, “‘mediocrità ‘, in realtà collegato ad una mente tagliente e dotata di grande ironia a autoironia. |
|
|
#9) Phoenix Wolfgang Amadeus Phoenix [V2] “Lisztomania” o “1901”? Si potrebbe trovare un compromesso e dire “Lisztomania” fino all’estate e “1901” per i mesi successivi. E “Rome”, “Girlfiend”, “Armistice” e tutte le altre? Il 2009 più solare e scanzonato è racchiuso in questo disco. Semplice e intelligente, senza enormi pretese, ma infallibile nel fare il proprio lavoro. |
|
#8) Grizzly Bear Veckatimest [Warp] Un disco coraggioso e non immediato, se confrontato con gli altri che l’hanno preceduto in questa mia selezione. Però la palma è loro, americani con i Beach Boys nel dna, un amore sconfinato per il pop, una genialità che li spinge a sperimentare soluzioni sempre diverse e originali pescando nel pop, nel jazz, nel folk, con coraggio e ambizione che stregano. Il risultato è un caleidoscopio musicale che intriga e affascina, lasciando sempre l’impressione di non essere ancora riusciti a farlo proprio fino in fondo. |
|
#7) The Pains Of Being Pure At Heart The Pains Of Being Pure At Heart [Slumberland] Non sono solo un bel nome per una band e belle faccine da abbinarci: sono quanto di più bello in quest’anno ci sia arrivato dai tanti cloni della Sarah Records dei bei tempi. Melodie sognanti, voci intrecciate che è una meraviglia, titoli che la dicono tutta sul rimando ad esperienze adolescenziali dei nostri: “This Love Is Fuckin Right” è l’esempio massimo. Se tutti i cloni fossero così, sarebbe un mondo migliore. |
#6) Dente L’Amore Non E’ Bello [Ghost] Abbandonate le sghembe atmosfere da cameretta dei dischi precedenti, Giuseppe Peveri incide un album di musica leggera italiana, fatto con garbo ed eleganza. Giochi di parole, qualche ruffianeria, il primo sole di primavera che riscalda screpolate finestre di legno. Bruno Lauzi, Alan Sorrenti e Sergio Endrigo non sono mai stati così vicini come nelle filastrocche del cantastorie fidentino. |
|
|
#5) Kasabian West Rider Pauper Lunatic Asylum [Red Ink/Red Int] Questo disco mi manda ai matti. Voglio ringraziare Sergio Pizzorno per non aver sbagliato niente. Spunti e idee ai livelli del primo disco e scusate se è poco. Canzoni che potrebbero essere uscite dai dischi dei Primal Scream. Ho sempre pensato che questo sarebbe stato il mio disco dell’anno, ma avevo dimenticato di fare i conti con lui. |
|
#4) The Horrors Primary Colours [Beggars Banquet] Alla faccia del tarocchismo delle band costruite a tavolino, con le capigliature da modelli di Dior e l’atteggiamento per convenzione. Perchè questi qui, con il famigerato secondo album, si sono rivelati degni eredi della tradizione dark e post-punk più vera. “Sea Within A Sea” è proprio un gran singolo, l’album segue a ruota. |
|
#3) Arctic Monkeys Humbug [Domino] Quella carica esplosiva fatta di bass driven songs, testi ironici e british sound sembra essersi perso nelle desert session del Mojave, dove Alex Turner e soci si sono rinchiusi a registrare sotto la regia di Josh Homme dei Queens Of The Stone Age, che ha lasciato un evidente marchio di fabbrica: un suono ruvido e pieno, il basso più nascosto dietro alla texture di chitarra e quella voce, divenuta forse più adulta. |
|
#2) The XX XX [Young Turks] Tanto giovani e tanto onesti paiono. Alla faccia del tarocchismo delle band costruite, seconda puntata: chiunque avrebbe voluto diffidare di loro e chiunque ha dovuto cedere. Smorfiano Chriss Isaack (che proprio raffinato non è), usano dei loop da Festivalbar nascosti furbamente sotto sospiri e sussurri, ma ti colpiscono diritti in un’area non ben definita tra la lo sviluppo tardo-adolescenziale e l’insofferenza da nerd ultimo stadio. |
#1) Animal Collective
Merriweather Post Pavilion [Domino]
Arrivati a 10 anni di lavori e 9 album, lo stile e la padronanza ormai si sono affinati, evoluti e consolidati. “MPP” infatti è ricco di melodie pop e psichedelie deliranti, tra ritmi frenetici loop ripetitivi e sintetizzatori fuorvianti. Tutto elettronico e ovattato, più analogico che digitale, stimolante ed ipnotico al tempo stesso.
(Riccardo “Friccardo” Valentino)
Sono decisamente il Gruppo (con la G maiuscola) del 2009. Arrivati al quinto disco non si lasciano scadere in banali ripetizioni e rimescolamenti di suoni precedenti, ma sanno come reinventarsi per sorprendere i vecchi fan e trovarne dei nuovi. Mirabolanti e psichedelici, un pop acido tra campionamenti, basi elettroniche e beat. Dei geni. Anche dal vivo, vincono il premio come migliori concerti dell’anno (non uno solo, ma tutti quelli che ho visto, sempre diversi uno dall’altro).
(Silvia “Anais”)
Un lucido delirio, un risveglio dopo una nottata passata in acido. O semplicemente la psichedelia nel 2009. I quattro che un tempo si vestivano da animali (ormai non più a quanto visto dal vivo) ci sorprendono con un gioiellino fatto di pochi riferimenti al folk e tanti rimandi all’essenzialità fatta di percussioni (vere o sintetiche) e suoni ‘saturi’ e che contiene pezzi da novanta come “My Girls” o la stupenda “In The Flowers”. Disco dell’anno.
(Emanuele “kingatnight” Chiti)
Ormai dei veri fuoriclasse, capaci di non sbagliare un colpo, sia che si tratti di un ep estemporaneo che di un vero e proprio album. Smisurati nella produzione, ricchi ed esuberanti anche nei suoni, l’ultimo “Merriweather Post Pavilion” ce li consegna ad un gradino successivo, ancora più definiti e sicuri nella loro micidiale alchimia di suoni e ritmi. Vera psichedelia del nuovo millennio, calata nei nostri tempi e capace di instillare genio e sregolatezza nel magma sonoro della dance contemporanea . E soprattutto cuore e umanità , gioia di vivere e voglia di divertirsi.
(Michele Tioli)
Un disco fatto di canzonette, canzoncine ed abusi di sostanze psicotrope. Sembrano dei bambini rinchiusi in una sala di giocattoli, con tutto ciò che ne consegue.
(Federico “Accento Svedese”)