I Piano For Airport. Ma chi lo conosce, i Piano For Airport? Appunto. Per questo hanno il loro perchè. Perchè se fossero una band rinomata, con il loro bel stuolo di fanecchi pronti a tutto per sostenerli, probabilmente sarebbero meno rilassati e non produrrebbero lavori come questi. La verità , infatti, è che “Another Sunday On Saturn” è un gran disco, che segue un ottimo debutto, che passò sotto il nome “Much More EP” agli onori della critica delle webzine più underground della rete, dalle sonorità gelide e ricercate, simile ai connazionali Giardini di Mirò o Armstrong?. C’è la tentazione di rifuggire verso l’estero, nelle influenze messe in campo, ma la pronuncia tradisce, come al solito, ogni dubbio.
Le prime note che seguono il tasto play sono quelle di “We Are Coming Up With A Light Jump”, “Overturn the Lap” e “Monkey Theorem”, un trittico di potenziali hit per playlist indie/alternative di stazioni radio su web, con la loro potenza quasi post-destrutturalizzante, scomponibili in sezioni più aggressive ed altre, più frequenti, fortemente melodiche e votate ad un senso di tiepido relax, al quale sono estremamente tendenti gli arpeggi e gli inserimenti di synth soprattutto del terzo pezzo. Si continua poi con y-eL e la sua struttura compatta ma disomonogenea, complice una ritmica non troppo incisiva ma che fa compiere così al pezzo un percorso unico, che parte e finisce deciso su una traiettoria mai deviata. Insomma, un gran brano. Le pieghe più elettroniche vengono esplorate con grande consapevolezza e un certo ‘savoir faire’ sintetico in “Tired Eyes” e “20 Years-Old Killer Revolver”, la seconda un inquietante viaggio di toni quasi dark/horror per l’improbabile soundtrack di un inseguimento tra carrelli della spesa. “S.O.S. (Sink or Swim)” è la decadente terminazione di una pista di decollo per aerei carichi di malinconia, colmi di spavento e una certa vena ironica, spezzati dagli strumenti della band per essere poi ricomposti in una bozza, riuscitissima, completamente diversa dal prodotto originale.
Questo disco non è facile da recensire. E’ giusto ammetterlo. Sarà che si ascoltano dischi come questo giorno e notte, da quando la musica rock e la cultura del post-tutto sono diventate a loro volta pane per i denti di chiunque. Diciamo meglio, accessibili. I Piano for Airport hanno un grande pregio: quello di saper superare tutti gli ostacoli che comporre canzoni con questi ingredienti comporta. I meccanismi di difesa della band riescono a superare infatti i rischi concreti di assemblare brani troppo macchinosi e perciò noiosi, evitando ridondanze e ripetizioni, essendo sempre schietti, semplici ma non per questo banali e creando un lavoro pieno e a tutto tondo, sbozzato e smussato al punto giusto da non risultare mai la copia di sè stesso nè di altri lavori già sentiti nel panorama italiano o internazionale. Squisita pietanza per palati raffinati, in Italia e fuori. Ascoltatelo.
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2. Overturn The Lap
3. Monkey Theorem
4. Y-EL
5. Ghosts And Pillows
6. Just Done
7. Tired Eyes
8. 20 Years-Old Killer Revolver
9. S.O.S. (Sink Or Swim)
10. This Air
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