Vedere i Liars in concerto è una di quelle cose bisogna fare almeno una volta nella vita.
Vederli al Bronson (o Hana-bi in estivo) a Ravenna, è diventato ormai un rito.
Perchè la band d”origine australiana, ma errante tra New York e Berlino, è divenuta ormai di casa in Romagna (6 i concerti che hanno alle spalle da queste parti) ed il seguito di fedelissimi che si è creato è fondamentale per riempire il Bronson e creare un clima di trepidante attesa e viva partecipazione, in questo concerto primaverile.

Dopo l’esibizione degli americani Fol Chen (che hanno partecipato anche alla reinterpretazione di uno dei brani del nuovo “Sisterworld” dei Liars, accanto a nomi quali Thom Yorke, Alan Vega/Suicide, Chris & Cosey/Throbbing Gristle, Blonde Redhead e altri) ecco salire sul palco la sagoma dinoccolata di Angus Andrew.
Lui è il vero re del palco. Lui è colui che rende un concerto dei Liars un evento indimenticabile.

Il nuovo disco appare più scuro e meno diretto dei precedenti, e l’impatto iniziale del live segue un pò questa linea: un paio di brani per riscaldare il pubblico e poi ecco esplodere i Liars in tutta la loro energia psychedelic/punk/noise. La scaletta passa in rassegna principalmente i nuovi pezzi (bellissima “Scissor”, che, nel suo intro cupo che cresce pian piano per poi lasciarsi andare nel rumore puro e straniante, è un pò l’emblema dei Liars stessi e l’allucinante “Scarecrows On A Killer Slant” urlata dentro il microfono da un Angus che si protende sempre di più verso il suo pubblico in delirio), ma i vecchi brani vengono accolti come grandi classici che tutti sanno a memoria e si giunge perfino a ‘pogare’. “Plaster casts of everything”, “Broken Witch” e “The other side of Mr.Heart Attack ” si alternano, mentre Angus tiene il palco come pochi; gli altri fanno da retroscena, quasi a lasciare i riflettori puntati sul loro leader freak, degno erede di Nick Cave.

Unica pecca, forse, un concerto non troppo lungo, poco più di un’ora, ma di un’intensità  tale che ai Liars si perdona tutto.

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