Dura davvero una manciata di brani il debutto milanese delle Dum Dum Girls, da Los Angeles con furore.
Infatti le nerovestite e agguerritissime dark ladies nonostante un piglio che avrebbe fatto uscire di testa Russ Meyer, sono avversate (e visibilmente scocciate) fin dai primi minuti dello show, da un insieme di imprevisti tecnici tanto fastidiosi quanto persistenti che probabilmente hanno pesato come macigni sull’esiguità  dell’esibizione.

Le 4 gnocche californiane senza surf nè Beach Boys, riescono comunque a tenere il palco degnamente, imprigionando il cuore e la testa degli astanti in una gabbia che altro non è se non la giusta alchimia tra melodie dreampop, testi dal retrogusto teen, chitarre sferraglianti e sogni in pura scia C-86.
Il primo degno plauso, a posteriori, va alla carismatica frontgirl Dee Dee (Ramone?).
Sorta di amazzone postpunk allevata a bordate di Go Go’s e Runaways la cui voce, intensa e profonda (a tratti ricorda la prima sanguigna Grace Slick), dà  la vera linea conduttrice a chitarre fin troppo scialbe e raramente incisive come sul disco.

Il secondo chapeau va al drumming pulito, preciso e sudatissimo (nell’accezione più sexy possibile) di Sandra Vu, futura icona onanistica di tutti i maschioni ululanti impacchettati al Rocket.
è così che le Dum Dum Girls ci prendono per mano e ci guidano, con grinta da lacrime agli occhi, attraverso un itinerario musicale geneticamente modificato che, grazie alla lungimirante opera della Sub Pop, le sta rapidamente proiettando sui palchi di mezzo mondo.
La loro è una miscela tossica e perversa, i cui componenti potrebbero chiamarsi indistintamente House Of Love o Crocodiles (già  collaboratori in questo esordio discografico), Morlocks che coverizzano i Sonics al party sfigato del college tanto quanto Mazzy Star o Corvettes. Il tutto incorniciato da quell’attitude nero/grigia che, nell’ottantesca Milano, ha trovato schiere di fidati adepti.

Gente che freme all’ascolto di “I Will Be”, di “Play With Fire” (cover dei Rolling Stones raccattata dal primo 45 giri), di “Yours Alone” e di “Jail La La”, giusto per puntualizzare momenti di pregio svagato nel buio della sala, ma che nei momenti salienti (a luci accese) non morde.
Manifestando il (giusto) disappunto per la brevità  dell’affaire con mormorii di maniera, dettati più dall’impellenza di esserci comunque che da una sorta di profonda e ortodossa curiosità .
Milano.
Neanche il tempo di godere a pieno, dunque, che già  le custodie degli strumenti occupano il palco pronte ad essere trasportate in un miglior Dove e Quando ed i fari abbaglianti fanno scricchiolare le retine dando la buonanotte ai pellegrini.

Rimane il fatto che per il sottoscritto le Dum Dum Girls sono il miglior female group del momento ed il loro parto “I Will Be” una delle esperienze musicali pìù fresche del 2010″…”…e non solo!
Infine un ringraziamento speciale ad Antonia GirlfromMars per la cortese ed amichevole ospitalità .
Il resto è tutto chiacchiere e marciapiede.