C’è da dirlo, stavolta la recensione che mi trovo a fare sarà  giocoforza a ‘metà ‘. Il disco in questione è difatti la colonna sonora di un vero e proprio film, che mischia scene disegnate a sequenze di pezzi dal vivo dei Dead Meadow. Sicuramente mi piace immaginare che la potenza di una musica già  di per se assimilabile a lunghi viaggi lisergici, abbinata a dei visuals di buona qualità  (cosa che a riguardo del DVD allegato al disco dei Dead Meadow mi è stata confermata da diverse fonti), possa triplicarsi. Difatti voglio correre da qualche mio amico spacciatore di ‘buona musica fatta con chitarre elettriche’ per farmi masterizzare il film. Ma questo è un altro discorso, torniamo all’argomento principale, “Three Kings”, settimo disco dei Dead Meadow, il secondo (quasi) dal vivo.

La soundtrack è composta da 14 tracce, nove delle quali live e cinque in studio. La formula è la solita, collaudatissima del terzetto di Washington. Una sezione ritmica tra le migliori nell’ambito in cui si muovono i Dead Meadow che, per chi non lo sapesse, sono quanto di meglio si possa trovare in giro quando si parla di hard blues stoner, nonostante il precedente “Old Growth” li abbia un po’ ridimensionati agli occhi della critica e del pubblico, con le lunghe cavalcate che cedevano il passo alla più canonica forma canzone. Il tutto a fare da sfondo alla voce inconfondibile e alla chitarra col fuzz perennemente on (altrettanto inconfondibile) di Jason Simon.

“Three Kings” convince a metà  come testimonianza sic et simpliciter su disco. Visto il livello medio comunque alto della band è un bel sentire: “Seven Seers” e “At Her Open Door” ad esempio non sono cose da tutti e dimostrano anche che l’ottima capacità  compositiva dei Dead Meadow. Anche gli inediti in studio fanno la loro parte, per quanto possibile i tre cercano nuovi scenari anche sonori dove spostarsi (“Push’em To The Crux”). Ma se si cerca un documento che testimoni i Dead Meadow al massimo della loro resa live, magari è meglio ascoltare “Got Live If You Want It” (prodotto tra l’altro da Newcombe dei Brian Jonestown Massacre): qui sembra ci sia il freno a mano un po’ tirato, ma forse dipende anche dal fatto che nel caso specifico la musica sia sparring partner di un documento visivo.

Ne riparliamo col DVD in mano?