C’è ancora gente convinta che la musica acustica sia noiosa e servano per forza le chitarre so rock per fare qualcosa di realmente eccitante, come se le emozioni si misurassero in decibel e i sentimenti in assoli di chitarra. Lasciamo questa gente crogiuolarsi al suono di dinosauri del rock come Led Zeppelin e Deep Purple, noi (uso il plurale maiestatis, a volte mi faccio paura da solo) preferiamo andarci a sentire i Kings Of Convenience che tanto ci piacciono, che tanto ci fanno emozionare perchè parlano a noi sono in grado di entrare nel nostro cuore, nella nostra anima.
Ed appunto, l’esibizione di Ferrara è stata una di quelle che sono entrate nel cuore e nell’anima dei fortunati presenti. Anticipati dagli ottimi Ophelia Hope (titolari di un ottimo acoustic pop con voce femminile in stile Emiliana Torrini), son saliti sul palco e ““ colpo di scena ““ hanno chiesto al pubblico di non fare foto per la prima mezz’ora (perchè ormai lo stato di avanzamento del progresso tecnologico è tale che la gente va ai concerti per fare foto e pubblicarle su Flickr il giorno dopo, ad insindacabile testimonianza della propria presenza all’evento. Della musica non gliene fotte più niente quasi a nessuno).
Senza flash, senza schermi luminosi che ti coprono la visuale, senza gente che ti spintona e quando ti lamenti replica dicendoti di guardare le sue foto su Flickr il giorno dopo: solo Erlend à’ye e Eirik Glambek Bøe, le loro armonie vocali e le loro chitarre, la loro musica, i loro sentimenti. Praticamente, una vittoria dell’uomo sulla schiavitù verso le macchine. Poi salgono sul palco anche altri strumentisti ed ricominciano le foto in libertà , ma la magia dei Kings Of Convenience non viene minimamente intaccata dai lampi luminosi ““ segno che la loro musica vale ed è in grado di dire la propria nella buona e nella cattiva sorte, e noi che la apprezziamo la sentiamo dentro comunque (ritorno ad usare di nuovo il plurale maiestatis). Una scaletta che a rileggerla vengono i brividi, in cui spiccano “Misread” ed “I’d Rather Dance With You” (tanto per ricordare che sei anni fa c’è stato un momento in cui i due norvegesi hanno addirittura goduto di sovraesposizione mediatica), “I Don’t Know What I Can Save You From” (per ricordare come eravamo un tempo) e “24/25” (per ricordare ciò che siamo attualmente), una scaletta perfetta per una serata che ricorderemo a lungo.
Erlend à’ye è un animale da palcoscenico, ed in pochi sanno tenere il palco come lui. Eirik Glambek Bøe è timido ma fa parlare voce e chitarra, e forse è la vera anima dei Kings Of Convenience. Vera anima di un progetto che nel 2010 è ancora in grado di dire la sua nonostante il boom del cosiddetto New Acoustic Movement sia passato da un bel pezzo. Ma chi se ne frega delle mode, quando esistono ancora band del genere?
Concerti come questo bisogna viverli, non raccontarli.