è un sentimento condiviso, quello che ci attraversa i pensieri in situazioni faticose, che sembrano imprigionarci a cose e persone che non sopportiamo più. Vorremmo scappare via, lontano, per recuperare un briciolo di libertà , reale o mentale che sia. E molto spesso è più chiara la fonte dalla quale vogliamo allontanarci, senza avere affatto in mente la meta della nostra corsa. Ragion per cui, ritrovarsi in spazi liberi, distesi e sconfinati aiuta a svuotare la mente, prima di intraprendere i passi successivi.

“The Place We Ran From” incarna fin dal titolo questi pensieri e questi spazi. L’America, con il suo mito della prateria e il suo immaginario di rinascita umana sempre possibile e a portata di mano, si pone al centro delle storie raccontate e dei suoni che ne sono la colonna sonora.
Prestando fede ad alcune interviste, per Gary Lightbody, artefice di tutto il progetto, non sembrano esserci altri motivi personali oltre al desiderio di rendere omaggio alla musica amata in gioventù, il country di leggende americane come lo sono state Waylon Jennings, Dolly Parton e Kenny Rogers, per esempio. E per nostra fortuna, mi verrebbe da dire, l’omaggio è stato filtrato dagli ascolti di tutto quell’alt.country che nel frattempo ha permesso a quei suoni di restare aggiornati e al passo con i tempi.

I quattro brani che aprono il disco sono da manuale, dettano le coordinate dell’intero viaggio. “Northwestern Skies” si avvicina all’epica country sporcata appena di devianza dei migliori Wilco. “Get On The Road” regala grandi sensazioni ed infonde energia sufficiente a risollevare qualsiasi rapporto umano. “Point Me At Lost Islands” recupera, nell’umanità  dei R.E.M. più rurali, una dimensione positiva e carica di disponibilità . “Dead American Writers”, infine, con una stupenda slide rubata all’America un po’ loser e un po’ spavalda di Tom Petty, ci riporta seccamente con i piedi appoggiato al terreno.
A questo punto, la parte centrale del disco, con le bellissime ballate che la costruiscono, riflessiva, raccolta e distesa, ci aiuta a prendere fiato, ci regala il tempo per recuperare i fili interrotti e, se possibile, per tentare di incanalare le energie della fuga verso un ‘lieto’ fine. Qui allora i suoni ci cullano, con la leggerezza di certi Fleetwood Mac ostaggi della Stevie Nicks più convincente. è un momento, allungato attraverso cinque episodi, che lascia il posto al finale in ripresa, energico ma fosco e contratto, dove l’elettrica di Peter Buck ci spinge a forza verso i limiti, lontani e sconosciuti.

Per tutto il viaggio, Lightbody ha deciso di farsi accompagnare da tanti ottimi amici, vecchi e nuovi, ognuno fondamentale nel suo apporto. Su tutti, indubbiamente Peter Buck, con i suoi mandolini e la sua chitarra, prestato, assieme a Scott McGaughey, dai R.E.M.. Poi, Iain Archer e Troy Stewart, compagni nel gruppo madre degli Snow Patrol. Richard Colburn, in libera uscita dai Belle & Sebastian e già  collega nei Reindeer Section. M.Ward, preziosissimo jolly e libero battitore, che deve essersi portato appresso la stupenda Zooey Deschanel, la cui voce ritroviamo in un episodio, così come quella di Tom Smith degli Editors. Troppo facile parlare di un supergruppo. E sbagliato, perchè il tono è più quello di un viaggio fatto insieme ad alcuni amici, quando si parte con qualcuno e se ne recuperano altri strada facendo.

Alla fine, l’essenza è tutta lì, l’importante è restare in movimento, viaggiare assieme alle persone giuste, anche se all’orizzonte sembra arrivare a tinte fosche un temibile uragano.

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The Place We Ran From
[ Fiction – 2010 ]
Similar Artist: R.E.M., Tom Petty, Wilco, Fleetwood Mac
Rating:
1. Northwestern Skies
2. Get On The Road
3. Point Me At Lost Islands
4. Dead American Writers
5. Held In The Arms Of Your Words
6. That Silver Necklace
7. I Am A Landslide
8. The Deepest Ocean There Is
9. The God Book
10. Pieces