Bill e Brady sono due gemelli identici nell’aspetto ma quanto più possibile diversi nella sostanza. Entrambi educati da una madre sessantottina e orfani di padre, affrontano la vita con due diverse concezioni e stili di vita. Brady rimane con la madre in Oklahoma, diventando un coltivatore di marijuana, mentre Bill intraprende la carriera universitaria come brillante professore di filosofia classica, obliando nel cassetto dei ricordi e senza troppi rimorsi la propria famiglia. Quando Bill riceverà la notizia della morte del fratello si troverà costretto a tornare a Little Dixie, il paese natìo dove dovrà confrontarsi con il proprio passato ed i suoi cari.
Tutto fa presagire ad una classica commedia degli equivoci, a partire dal titolo storpiatamente tradotto dall’originale “Leaves Of Grass” che sta sì per ‘foglie d’erba’ ma allude al titolo di una raccolta di Walt Whitman, e proseguendo con il doppio ruolo in cui Edward Norton si cimenta, topos classico di tanto cinema che farebbe pensare ad una serie infinta di gag e situazioni paradossali, ed in un certo senso è così ma il film di Tim Blake Nelson mira più in alto.
Infatti se la prima parte sembra confermare le impressioni iniziali, nel proseguio il tono da commedia si sporca sorprendentemente di noir di matrice tarantiniana e dalle atmosfere tipicamente coheniane.
Uno dei pregi di questa pellicola oltre al ritmo sincopato che coinvolge lo spettatore è rappresentato dall’ottimo cast in cui figurano la sempreverde Susan Sarandon nel ruolo della madre ex sessantottina, l’affascinante Keri Russel nei panni di una poetessa e l’irresistibile Richard Dreyfuss, lui che ebreo sul serio, si diverte nella parte di un ebreo stereotipato. Lo stesso regista si ritaglia un ruolo interessante, interpretando Bolger uno dei migliori amici del fratello coltivatore.
La ricerca dell’equilibrio è la chiave di lettura dell’intera pellicola – tra Socrate e Whitman, tra caos e spontaneità , commedia e tragedia e la perenne ricerca della condizione di pace interiore e la sua natura illusoria – dando modo al regista di giocare con le aspettative degli spettatori mirando a spiazzarli innestando una serie di colpi di scena memorabili, farciti con dialoghi che spaziano dalla filosofia, alle droghe, alla poesia fino al non-sense.
Un piccolo film ambizioso che deve forse fin troppo alla sottile ironia ebraica di cui i fratelli Cohen sono i maggiori esponenti ma che riesce a ricavarsi uno scorcio di originalità fresca e ben costruita che non soffoca la pellicola evitando di farla cadere nel facile clichè del genere.