Alcune cover dei Joy Division a volume un po’ troppo alto coprono la voce indolente di Sergio Gilles Lacavalla assorto nella lettura di alcuni brani tratti dal suo libro di recente uscita “Rockriminal, storie di rock balordo e maledetto”. Neanche una decina di persone assiste al reading un po’ sfortunato dello scrittore. Capisco che Lacavalla sta parlando di Ian Curtis, ma riesco a cogliere solo qualche stralcio di frase. Peccato, avrei voluto saperne di più. Poi è il turno dei Confield, autori di uno show davvero potente e intrigante a base di post-punk sì notturno ma mai troppo introverso, e il Circolo è già quasi tutto pieno. I cinque romani hanno pubblicato a maggio di quest’anno un interessante EP di cinque tracce e addirittura saranno al fianco di Peter Hook nelle date italiane della “Unknown Pleasures Celebration”. Speriamo di sentire parlare di loro al più presto.
Dopo non molto salgono sul palco i protagonisti della serata, gli Spiritual Front di un Simone ‘Hellvis’ Salvatori ormai sempre più icona virile e peccaminosa del rock a tinte scure. Dietro alla band si alternano scene di vecchi film d’autore che l’hanno ispirata, mentre sulla parete destra del club per tutto il concerto si alternano l’indecente video della poppeggiante Darkroom Friendship e quello (ben più riuscito) della splendida “Sad Almost A Winner”, inframezzati da una costruitissima intervista al bel tenebroso Salvatori . Reduce dalla mezza delusione per il recente “Rotten Roma Casino”, che aveva in buona parte abbandonato i tenebrosi scenari protagonisti degli altri lavori che lo hanno preceduto, temo di stare per assistere ad un live fiacco. E invece non sarà così.
Questo è il terzo concerto del combo capitolino a cui assisto, e alla fine risulterà essere il più avvincente. Salvatori è al massimo della forma. Scherza col pubblico un po’ meno del solito (non posso dimenticare le grandi risate degli altri concerti”…), anche se non può non fare qualche battuta quando viene lanciato sul palco un porno-bambolo gonfiabile con tanto di fallo eretto. Le ormai classiche “Jesus Died In Las Vegas”, “Walking The Deadline” e “Bastard Angel”, riproposte in maniera eccellente, fanno sfigurare il sopraccitato singolo pop “Darkroom Friendship”, che tuttavia dal vivo non è così male come su disco. La band poi va a tirare fuori dal cilindro “Song For The Old Man”, non molto conosciuta gemma tratta dallo split del 2005 con gli Ordo Rosarius Equilibrio, e vedo più di un fan degli Spiritual sospirare, come a dire ‘erano altri tempi!’. Rimane comunque intatto il carisma di una band che, in ambito gotico, ha saputo imporsi anche e soprattutto a livello internazionale.
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