Beh, di concerti al Circolo degli Artisti di Roma ne ho visti parecchi”…ma non ho mai visto un pubblico così caloroso come quello che si è presentato alla serata novembrina che ha visto esibirsi sul palco il Teatro degli Orrori. Aveva ragione Pierpaolo Capovilla in un’intervista che ho visto sul tubo, quando raccontava, sorridendo timidamente, della sua professione di cameriere in un ristorante veneziano: ci sono questi ragazzi che arrivano, si siedono al tavolo e ti guardano come fossi un padreterno!. Beh è proprio così. Capovilla stasera è il Messia/Papa nerovestito di una chiesa di adepti sudati, urlanti e saltellanti, che renderanno la vita degli altri astanti meno estroversi alquanto difficile. L’uno-due iniziale è di una potenza impressionate: “E’ Colpa Mia” e “A Sangue Freddo” suonate una dopo l’altra come fossero una sola canzone, due pezzi simbolo dell’ultimo acclamato album uscito l’anno scorso, . L’impressione immediata è che i pezzi dal vivo riescano a guadagnare almeno il doppio in veemenza rispetto alle versioni in studio. Capovilla puoi mostra una voce che non pensavo, più cavernosa rispetto a come me la conoscevo. Se negli One Dimensional Man Pierpaolo è uno sgraziato folletto del basso, nel Teatro degli Orrori diventa un carismatico goblin in grado di stupire, divertire e ipnotizzare. Il cantante dopo poco dall’inizio del concerto è già  addosso alla prima fila, smanaccia, indica con dito e sguardo severi, digrigna i denti contro i fan più fedeli che sembrano quasi volersi arrampicare sul palco. Ma sarebbe ingiusto concentrarsi solo sulla pur eccelsa performance del Capovilla. La chitarra in più di Nicola Manzan permette al gruppo di aggiungere ai brani, in queste versioni da concerto, nuove sfumature. I rimanenti Gionata Mirai alla seicorde, Francesco Valente dietro le pelli e l’altro nuovo entrato Tommaso Mantelli al basso, completano una formazione che dal vivo in Italia ha davvero pochi rivali.

Se spesso la band è stata chiamata con una definizione un po’ frettolosa ‘i Jesus Lizard italiani’, c’è da dire che l’attitudine di Pierpaolo è in realtà  assai diversa da quella di David Yow. Probabilmente consumeranno lo stesso quantitativo di alcol al giorno, ma, mentre Yow è un animale suburbano alienato (o almeno, così è il suo personaggio sul palco e nelle canzoni), Pierpaolo è altrettanto “mostruoso” nell’attitudine ma è tutt’altro che alienato. Non è un misantropo ma è uno del “popolo”, tanto rabbioso quanto a suo modo “affettuoso” nei modi di fare. Non possono mancare un fenomenale stage-diving (vedi foto sopra”…pensate che io mi trovavo all’incirca a metà  della sala), nè l’ode al grande Ken Saro Wiva, nè un attacco velenoso a Minzolini (durante “Carrarmatorock”). Ci sono poche o zero pause tra un brano e l’altro, non ci si può rilassare, non si può tirare il fiato, non si può guardare altrove o pensare ad altro. Poi ecco “La canzone di Tom” a calmare un pochino gli animi, ma in realtà  fa l’effetto di un coltello che dilania piano un ricordo e ne fa fuoriuscire tutta l’amarezza e la malinconia. Finito il brano un Pierpaolo teatralmente impietrito rimane per un paio di lunghissimi, infiniti minuti col braccio teso a indicare l’ “altra parte” citata nel testo.

Non credo che il Teatro degli Orrori sia in assoluto la miglior band italiana (anche se ha alle spalle due mezzi capolavori), come alcuni “gridano” nei commenti su youtube (i video del Teatro in certi casi hanno registrato centinaia di migliaia di visualizzazioni”…un risultato strepitoso!). Ma col tempo potrebbe diventare, in ambito “alternativo”, quella più famosa. Staremo a vedere. Per ora applausi, applausi, infiniti applausi. Gioia dalla rabbia. Sudore e catarsi.

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