Si può dire concerto dell’anno? Forse esagero, forse sarà il momento, il fatto che è l’ultimo “grande” concerto per un bel po’, la sorpresa, la novità , quello che volete. Ma M.I.A. il 3 dicembre di fronte a un pubblico decisamente non d’occasione (al fronte dei biglietti venduti a 35 euro la risposta romana è stata decisamente freddina) ha davvero riscaldato i cuori, fatto ballare, alzare le mani in aria a tutto il pubblico dell’Atlantico e creato uno spettacolo ‘punk’ nel senso letterale del termine: libertà e fregarsene altamente delle regole.
Ad aprire gli Sleigh Bells, un duo di Brooklyn, sotto contratto con l’etichetta di M.I.A. (la N.E.E.T.), fautori di un electroclash con tinte industrial e wave che riescono nell’arduo compito di riscaldare la sala (in quel momento letteralmente piena a metà ) con una proposta esile ma divertente. Anche se il fatto di presentarsi sul palco con un microfono e una chitarra suonata a sprazzi, e per il resto solamente basi ‘rock’ sullo sfondo, non aiuta molto ad una piena valutazione artistica della proposta. Ma da loro M.I.A. ha rubato il riff di “Born Free” dall’ultimo album, li perdoniamo.
E poi ecco che sale sul palco Mathangi “Maya” Arulpragasam, accompagnata da due ballerini degni del miglior Repetto di tradizione italica, una DJ e una batterista a mezzo servizio (nel senso che suona i tom ogni tanto e basta). Parte con “The Message” e già su “Bucky Done Gun” (il secondo pezzo) invita 40 (quaranta!) persone sul palco per la gioia della security che non sa che fare. Da lì in poi un flusso continuo, con scelte principalmente dal nuovo album, vecchi classici come “Galang”, e una tripletta killer come “Meds And Feds”, “Born Free” e “Paper Planes”. Molto suggestiva “20 Dollar” con il mash up più riuscito della storia (tra “Blue Monday” e “Where Is My Mind”), peccato per l’eccesiva brevità del concerto (un’ora scarsa). Una sera di vero amore che c’ha fatto dimenticare l’acustica orrenda a tratti dell’Atlantico e l’abbigliamento troppo Londoners wannabe di alcuni astanti.
Credit Foto: Marnie Joyce / CC BY