Ogni volta che sta per uscire un disco degli Ardecore vado in fibrillazione, il cuore in subbuglio e la mente rivolta soltanto ad ‘averlo’, poterlo mettere nel lettore e non farlo uscire più per almeno un mese. Perchè gli Ardecore non sono soltanto il gruppo italiano con il più bel nome degli ultimi due millenni, ma sono una formazione granitica con un nocciolo di incandescente magma.
Era il 2005 quando esordirono con un’opera di pura (e dura, mastodontica) rilettura di canzoni della tradizione popolare della Roma più o meno recente e fu amore travolgente, carnale, totalizzante, che mi lasciò tramortito e svuotato, il cuore in fiamme e pieno di graffi sanguinanti. Quelle storie senza Tempo, che per troppo tempo erano state snobbate al di fuori dei confini delle borgate, perchè colpevolmente associate ai personaggi discutibili che le interpretavano alla televisione, trovavano una veste musicale scintillante, ricca, meravigliosa. Grazie alla lungimiranza e all’opera di musicisti di razza pregiata a partire da Giampaolo Felici leader del gruppo, fino a membri di Zu e di altre formazioni importanti (Geoff Farina ai tempi ancora nei compianti Karate, per dirne uno).
Due anni dopo “Chimera” mostrò anche la parte autoriale di Felici, proiettando lui nel firmamento dei grandi scrittori di musica e il gruppo ad una certa notorietà senza passare da ammiccamenti al pubblico, ma solo esaltando le proprie qualità . La Roma puttanona, borghese, fascistoide, del ‘volemose bene e annamo avanti’ e delle ‘puncicate’, la Roma di Albertone, Pasolini, Andreotti, Trilussa e Remo Remotti, aveva finalmente trovato il suo nuovo cantore.
Oggi esce “San Cadoco”, album doppio, figlio di una formazione ufficiale più asciutta (cinque elementi) ma ricca come non mai di ospiti illustri come il rientrante Farina e David Tibet dei Current 93. La novità più importante è l’ingresso in formazione della voce di Sarah Dietrich che offre la controparte femminile all’oscuro “San Cadoco”-Felici, interpretando la Gilda che ricorre in diversi brani. Opera duplice oltre che doppia, dove si scontrano l’anima maschile e quella femminile, il dionisiaco e l’apollineo, il ritmo e la melodia, il disarmonico e l’armonico, la fede e la sensualità ; dove l’amore è molto spesso violenza eppure redenzione. “San Cadoco” è vitalità viscerale ed ha qualità in abbondanza per fare strada e porsi come via d’uscita alle discussioni circa modernità e tradizione nel rock odierno.
Gli Ardecore, giunti al traguardo del terzo album, ci propongono una summa della loro arte, mescolando composizioni originali in tutti i sensi a riletture di pezzi della tradizione romanesca. In entrambi i campi il risultato è eccezionale, da ricordare “Per Quella Lei Ci Muore” vero e proprio film musicale, per quanto riguarda la prima categoria e “Io De’ Sospiri” per la seconda ma si tratta di citazioni dovute alla necessità di ‘fare un nome’ perchè i due dischi vanno ascoltati dalla prima all’ultima nota, ripetutamente, fino a consumarli.
Sicuramente uno dei miei dischi dell’anno, da podio se non avessi già compilato un podio.