Uno start marcatamente prog-rock non mi spaventa e non voglio evocare i miei preconcetti. Il cantato in italiano può solo agevolare la comprensione in questo caso. Il rischio è di catapultarli in un angolo dimensionale tra Timoria, Litfiba e Marlene Kuntz. La realtà dei fatti è che gli Area hanno influenzato la tradizione italiana più di quello che crediamo. Faccio fatica a non accostare niente di quello che sento a Negrita e a qualsiasi cosa ho già sentito di quella sulfurea breve onda rock di 10anni fa. La definizione di Giardini di Mirò velocizzati so che non da giustizia.
Forse l’accessibilità di “Psychobabele” sta nelle radici chiare, e forse la cosa più apprezzabile è che i Leitmotiv non lo nascondono. Proseguono senza vergogna, come i migliori Almamegretta e Ardecore, e con una predisposizione naturale al ritmo grind semplificato di un alt-rock che potrebbe essere tranquillamente una B-side dei Mogwai.
La crudeltà del sistema fa si che tali band siano confinate al di fuori della zona Deasonika–PFM–Avion Travel, quando invece meriterebbero una maggiore attenzione.
Le tematiche (e le chiamo così perchè i brani sono delle vere e proprie storie, sintomo del concept album), sono decisamente più acute e di spessore della media della scena attuale. Forse è la cosa che compiace di più, l’elaboratezza delle liriche riesce a non creare un muro netto con l’ascoltatore. Il senso delle parole si mantiene diretto nonostante l’erudizione nel proporsi e l’atteggiamento citazionale e sguazzante nei voli pindarici.
L’imprinting progressive è sfruttato con razionalità , funzionale al mood delle tracce, e riesce a supportare il valore del testo con l’arrangiamento quasi diviso in suite, cosa che sanno fare quasi solo i PorcupineTree, e nemmeno sempre.
Lo spirito del disco è quello di un circo itinerante che attraversa l’anima dei luoghi, e forse la “Psychobabele” è la sostanza dei luoghi, universalmente degenerata ovunque e deteriorata grazie al rantolo delle proprie irrazionali tradizioni. E dietro ad ogni vicolo fumoso, piana desolata, edificazioni diroccate e paesaggi ambigui e mutevoli, ci sono personaggi con le loro storie, migrazioni e allucinazioni, redenzioni che contribuiscono all’ambiente dei “posti dell’anima” che questi musicisti esplorano.
Un disco descrittivo nel quale la musica rende onore alle sfumature, che sono quelle fondamentali nel raccontare una vita, e predilette dai Leitmotiv, alle quali asservono le loro note. Questa volta il prog è una scelta sacrosanta, degna dei Balletto Di Bronzo.
La totalità dei pezzi ha una bellezza suggestiva avvolta al suo interno, ma se dovessi consigliare un pezzo più convenzionalmente accessibile, direi che “Eredità ” è degna dei migliori Perturbazione.
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