Ascoltare certi dischi cercando di capirli aiutandosi con la cartella stampa, talvolta porta ad interrogarsi sul perchè di alcune scelte. Prendete il dj Alain Weber, autore di stimate compilation (almeno così ho letto, devo ammettere che prima di infilare il disco nel lettore non sapevo chi fosse) e il suo disco solista, praticamente una colonna sonora imamginaria per film immaginari; l’interrogativo immediato è quello di chiedersi se abbia senso una mossa del genere senza un comparto visivo da accompagnare. La risposta è secca, almeno in questo caso: non ha senso.
Il Nostro prende le distanze da tutto ciò che usualmente gli appartiene e recupera le proprie origini classiche, dando alle stampe un disco strumentale incentrato soprattutto sul pianoforte, tra ambient e classica moderna. Buoni alcuni episodi posti ad inizio scaletta, soprattutto quando al piano si aggiungono suggestivi archi a disegnare partiture scarne ed emozionanti, mentre meno buoni sono altri episodi leggermente più ricchi, ma privi di incisività . Sbadigli, sbadigli e ancora sbadigli quando si arriva annoiati in fondo alla tracklist. Un disco di profonda ed inutile eleganza, che si specchia vanitoso in una formula che, in assenza di immagini da accompagnare, mostra tutti i limiti in fase di composizione.