Il rock non è morto ma è un animale raro. Quasi sempre trasfigurato o appena accennato, il rock’n’ roll vive ormai lontano dalle nuove leve musicali, più facile incontrarlo mentre si nutre graffiando le chitarre dei soliti (più o meno) noti. Tralasciando questo agghiacciante andazzo da documentario, è comunque evidente che il rock più puro circola prevalentemente fra formazioni di lungo corso, proprio come i Social Distortion. “Hard Times And Nursery Rhymes” arriva piacevole come la boccata di aria fresca che riempie i polmoni all’uscita da un locale lercio di alcool e pieno di fumo. Questo ci basta per dichiarare il rock ancora vivo e pulsante.
Altra faccenda è quella dell’easy listening applicato a certe soluzioni; pare che oggi sia un delitto pubblicare un disco godibile, melodico, seppur graffiante. Siamo nell’epoca del lo-fi, delle contaminazioni e delle distorsioni melodiche a tutti i costi e non mi stupirei di sentire i mugugni di qualcuno che trova questo disco troppo semplice e per nulla innovativo. Il bello è proprio che le novità qui dentro non ci sono, anzi, sono delle ‘finte novità ‘; quel che rimane del punk, primo machio di fabbrica del loro sound, è davvero poco, c’è molta più melodia ma la sostanza cambia di poco: la sezione ritmica picchia che è un piacere e le chitarre vomitano le solite distorsioni. Il resto è un southern-rock sparato a grande velocità , un disco on the road per ogni viaggio possibile e indispensabile in ogni mattina in cui avete bisogno di qualcosa per fiondarvi nella dura quotidianità della settimana.
Tutto questo dovrebbe bastare a prendere a calci in culo ogni perplessità , perchè sarebbe come criticare il mare per essere troppo salato oppure il cielo per essere troppo in alto. Un disco dal titolo geniale che finirà per essere divorato molte volte dal vostro lettore, che riconsegna una band non più giovane, ma ancora in forma smagliante. Si sono fatti attendere ben sette anni e, anche se non ce ne rendevamo conto, ci sono davvero mancati.
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