Passato pressochè inosservato in Italia (non che nel resto del mondo abbia fatto faville), “Fauna”, opera prima di Oh Land, al secolo Nanna à’land Fabricius, rappresenta nel 2008 un piccolo caso. La giovane danese pubblica infatti un ottimo lavoro sospeso tra un certo gusto elettropop non convenzionale, fatto di glitch, echi e riverberi tipici dell’IDM, e le derive più commerciali dell’ultima Björk e di Karin Dreijer Andersson. L’intera scrittura e gli arrangiamenti, sorpresa, sono affidati alla stessa artista, nuova ad esperienze del genere. Non che le manchino le basi: figlia di una cantante lirica e di un organista, la ragazze cresce nell’ambiente dove tenta di sfondare, senza successo, come ballerina classica. Problemi alla spina dorsale e una buona perseveranza fanno il resto.

Tre anni dopo, anticipato da un singolo che lascia ben intendere consistenti evoluzioni sia dal punto di vista sonoro che per quanto riguarda il personaggio in questione, un disco omonimo vede il ritorno della Fabricius. La nuova immagine proposta nei migliori dei casi fa pensare a una Robyn più sperimentale e meno legata a un sound e un’estetica tipicamente 80s, nel peggiore a una Lady Gaga di provincia non del tutto convinta di cosa stia facendo. Fortunatamente la qualità  musicale persiste, nonostante il rischio di rimaner traviata dal contratto con una major. Ulteriori elementi per farsi un idea sul soggetto sono la partecipazione in veste di opener al tour americano della reunion degli Orchestral Manoeuvres in the Dark e la collaborazione nella produzione del secondo album di personaggi del calibro di Dan Carey (Hot Chip, CSS, Franz Ferdinand) e, udite udite, Pharrel Williams.

Seppur molti elementi potrebbero far presagire aspettative non proprio limpide, nonostante un comprensibile straniamento a un primo ascolto, “Oh Land” consolida le buone intenzioni dell’interprete danese, sebbene filtrate per aumentare le entrate. Alt-pop per le masse, si potrebbe dire. Senza dubbio non è da tutti cercar di vendere bene con pièce per piano, glitch e sonorità  dubstep (“Lean”, “Wolf & I”), buone orchestrazioni e rimembranze trip-hop (“Perfection”, “Break The Chain”); anche i momenti più pop sembrano possedere un proprio carattere e l’ascolto, esclusi un paio di episodi più sciapi (il qualunquismo synth di “Voodoo” diventa un po’ irritante nel ritornello), risulta piuttosto godibile.

Preso per come si presenta, “Oh Land” è un risultato discreto, specialmente se considerato in un’ottica di evidenti aspirazioni commerciali. Perde forse il fascino autentico di “Fauna” ma non intacca la credibilità  dell’artista. Credibilità  pop.

Ascolta “Perfection”